MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II PER LA QUARESIMA 2004

Carissimi Fratelli e Sorelle, 

1. Con il suggestivo rito dell’imposizione delle Ceneri prende avvio il tempo sacro della Quaresima, durante il quale la liturgia rinnova ai credenti l'appello a una radicale conversione, confidando nella misericordia divina.

Il tema di quest’anno – “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5) – offre l’opportunità di riflettere sulla condizione dei bambini, che anche oggi Gesù chiama a sé e addita come esempio a coloro che vogliono diventare suoi discepoli. Le parole di Gesù costituiscono un’esortazione a esaminare come sono trattati i bambini nelle nostre famiglie, nella società civile e nella Chiesa. E sono anche uno stimolo a riscoprire la semplicità e la fiducia che il credente deve coltivare, imitando il Figlio di Dio, il quale ha condiviso la sorte dei piccoli e dei poveri. In proposito, santa Chiara d’Assisi amava dire che Egli, “posto in una greppia, povero visse sulla terra e nudo rimase sulla croce” (Testamento, Fonti Francescane n. 2841).        Gesù amò i bambini e li predilesse “per la loro semplicità e gioia di vivere, per la loro spontaneità, e la loro fede piena di stupore” (Angelus del 18.12.1994). Egli, pertanto, vuole che la comunità apra loro le braccia e il cuore come a Lui stesso: “Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5). Ai bambini Gesù affianca i “fratelli più piccoli”, cioè i miseri, i bisognosi, gli affamati e assetati, i forestieri, i nudi, i malati, i carcerati. Accoglierli e amarli, o invece trattarli con indifferenza e rifiutarli, è riservare a Lui lo stesso atteggiamento, perché in loro Egli si rende particolarmente presente.

2. Il Vangelo racconta l'infanzia di Gesù nella povera casa di Nazareth dove, sottomesso ai suoi genitori, “cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” (Lc 2, 52). Facendosi bambino, Egli volle condividere l’esperienza umana. “Spogliò se stesso, - scrive l’apostolo Paolo - assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2, 7-8). Quando dodicenne restò nel tempio di Gerusalemme, ai genitori che lo cercavano angosciati disse: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” (Lc 2, 49). In verità, tutta la sua esistenza fu contrassegnata da una fiduciosa e filiale sottomissione al Padre celeste. “Mio cibo – Egli diceva – è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e compiere la sua opera” (Gv 4, 34).

Negli anni della sua vita pubblica, ripeté più volte che solo quanti avessero saputo farsi come i bambini sarebbero entrati nel Regno dei Cieli (cfr Mt 18,3; Mc 10,15; Lc 18,17; Gv 3,3). Nelle sue parole il bambino diventa immagine eloquente del discepolo chiamato a seguire il divino Maestro con la docilità di un fanciullo: “Chiunque diventerà piccolo come questo bambino sarà il più grande nel regno dei cieli” (Mt 18,4).

“Diventare” piccoli e “accogliere” i piccoli: sono questi due aspetti di un unico insegnamento che il Signore rinnova ai suoi discepoli in questo nostro tempo. Solo chi si fa “piccolo” è in grado di accogliere con amore i fratelli più “piccoli”.

3. Sono molti i credenti che cercano di seguire fedelmente questi insegnamenti del Signore. Vorrei qui ricordare i genitori che non esitano a farsi carico di una famiglia numerosa, le madri e i padri che, invece di additare come prioritaria la ricerca del successo professionale e della carriera, si preoccupano di trasmettere ai figli quei valori umani e religiosi che danno senso vero all’esistenza.

Penso con grata ammirazione a coloro che si prendono cura della formazione dell’infanzia in difficoltà e alleviano le sofferenze dei bambini e dei loro familiari causate dai conflitti e dalla violenza, dalla mancanza di cibo e di acqua, dall’emigrazione forzata e da tante forme di ingiustizia esistenti nel mondo. Accanto a tanta generosità si deve però registrare anche l’egoismo di quanti non “accolgono” i bambini. Ci sono minori che sono feriti profondamente dalla violenza degli adulti: abusi sessuali, avviamento alla prostituzione, coinvolgimento nello spaccio e nell’uso della droga; bambini obbligati a lavorare o arruolati per combattere; innocenti segnati per sempre dalla disgregazione familiare; piccoli travolti dal turpe traffico di organi e di persone. E che dire della tragedia dell’AIDS con conseguenze devastanti in Africa? Si parla ormai di milioni di persone colpite da questo flagello, e di queste tantissime sono state contagiate sin dalla nascita. L’umanità non può chiudere gli occhi di fronte a un dramma così preoccupante!

4. Che male hanno fatto questi bambini per meritare tanta sofferenza? Da un punto di vista umano non è facile, anzi forse è impossibile rispondere a quest’interrogativo inquietante. Solo la fede ci aiuta a penetrare in un così profondo abisso di dolore. Facendosi “obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8), Gesù ha assunto su di sé la sofferenza umana e l’ha illuminata con la luce sfolgorante della risurrezione. Con la sua morte ha vinto per sempre la morte.

Durante la Quaresima ci prepariamo a rivivere il Mistero pasquale, che illumina di speranza l’intera nostra esistenza, anche nei suoi aspetti più complessi e dolorosi. La Settimana Santa ci riproporrà questo mistero di salvezza attraverso i suggestivi riti del Triduo pasquale. Cari Fratelli e Sorelle, iniziamo con fiducia l’itinerario quaresimale animati da più intensa preghiera, penitenza e attenzione verso i bisognosi. La Quaresima sia, in particolare, utile occasione per dedicare maggiore cura ai bambini, nel proprio ambiente familiare e sociale: essi sono il futuro dell’umanità.

5. Con la semplicità tipica dei bambini noi ci rivolgiamo a Dio chiamandolo, come Gesù ci ha insegnato, “Abba”, Padre, nella preghiera del “Padre nostro”.

Padre nostro! Ripetiamo frequentemente, nel corso della Quaresima, questa preghiera, ripetiamola con intimo trasporto. Chiamando Dio “Padre nostro”, avvertiremo di essere suoi figli e ci sentiremo fratelli tra di noi. Ci sarà in tal modo più facile aprire il cuore ai piccoli, secondo l’invito di Gesù: “Chi accoglie anche solo uno di questi bambini in nome mio, accoglie me” (Mt 18,5). Con tali auspici, invoco su ciascuno la benedizione di Dio per intercessione di Maria, Madre del Verbo di Dio fatto uomo e Madre dell’intera umanità.

GIOVANNI PAOLO II

 

LA PAROLA DEL PARROCO

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ATTENZIONI ED INIZIATIVE QUARESIMALI

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PELLEGRINAGGIO SANTUARIO MADONNA DI POMPEI

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VALLOIRE – GALIBIER

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DI CHI È IL PROGETTO PASTORALE?

Il cammino di revisione del Progetto Pastorale è ripreso.

L’incontro di giovedì 19 febbraio ha coinciso infatti con l’inizio dell’ultima fase che vedrà coinvolti gli operatori pastorali per tre incontri.

Il senso di questi appuntamenti era già stato spiegato attraverso una lettera apparsa sul foglio degli avvisi di domenica  25 gennaio, ma forse è necessario riprenderlo. Ciò che si vuole ottenere con questi incontri è dare la possibilità a ciascuna persona impegnata in un servizio in parrocchia di poter contribuire alla costruzione della parrocchia di domani. Come già detto più volte la domanda che fa da sfondo a tutto è “Quale priorità deve avere la parrocchia di Montesolaro nei prossimi anni?”.  Durante tali incontri è questo interrogativo che è posto al centro e a cui, attraverso alcuni documenti, si cerca di dare una risposta.  Per far ciò si è appunto pensato che è necessario riunire tutti gli operatori pastorali, in un atteggiamento di ascolto e di confronto. L’invito fatto prima dell’estate di riflettere personalmente sui documenti indicati era proprio in funzione di una futura condivisione delle considerazioni individuali.

Il problema nasce dal momento che a tali incontri ha partecipato solo una minima parte di persone invitate. Questo risulta essere un problema in quanto ci si chiede come si possa scrivere il cammino della parrocchia senza il contributo di chi presta servizio in parrocchia, di chi vive quotidianamente la parrocchia, ma  anche come è possibile scrivere il cammino da compiere senza che questo sia pienamente condiviso da tutte le persone che poi concretamente lo svilupperanno.

Sono dubbi e considerazioni che affiorano quando si pensa a un progetto pastorale.  Questo perché pensare ad un progetto significa parlare di contenuti,  di mete ben precise, di tappe che vanno individuate, di risorse che vanno cercate ed attivate, di persone fedeli alla meta perché mediante il progetto si dia concretezza al “sogno” di parrocchia che si è pensato prima. Per realizzare questo bisogna però partire tutti insieme, bisogno capire che il progetto è di tutti e non solo di qualcuno o solo del Consiglio Pastorale.

È solo l’unità di intenti di chi di presta il proprio servizio in parrocchia che rende possibile il concretizzarsi di un progetto. Purtroppo questo al primo incontro non è avvenuto.

FEDERICO TAGLIABUE

 

INTORNO ALLA LETTERA PASTORALE

“I primi mesi di questo anno pastorale 2003-2004 siano riservati a momenti di attenta lettura e di meditazione orante del testo…”

Sono le precise volontà del cardinale Tettamanzi quando consegnò alla diocesi, lo scorso settembre, le Sue direttive programmatiche per il prossimo triennio. Nel solco di queste indicazioni si sono mosse le diverse aggregazioni locali ed i primi 4 capitoli sono stati oggetto di approfondimento del consiglio pastorale parrocchiale.

L’analisi, doverosa per l’esplicita richiesta dell’arcivescovo ma anche coinvolgente per una continua crescita, risulta particolarmente “difficoltosa” per due motivi: primo, leggendo le pagine è opportuno e necessario un ripetuto rimando alle pubblicazioni editate nel corso degli ultimi anni dal Magistero; secondo, le parole e gli insegnamenti del presule vanno calati ed applicati alla nostra realtà.

A grandi linee, nel corso delle discussioni, è emerso che certamente è andata modificandosi, in questi anni, la sensibilità della gente nei confronti della Parola, c’è più attenzione a vivere coerentemente a ciò che si crede: ci si chiede se tutto questo movimento riesce a “rendere visibile il volto missionario della Chiesa che è in Montesolaro”.

Premesso che il giudizio è delegato a Qualcun Altro, guardando, umanamente, alle numerose iniziative programmate in modo sistematico nell’annuale calendario parrocchiale la risposta sembra essere positiva e non deve condurre però ad un appiattimento della situazione ma ad un’apertura verso l’esterno che va sotto il nome di parrocchie limitrofe e decanato. In altre parole non bisogna sentirsi “un’isola felice” perché è facile abbassare la guardia e perdere la giusta tensione. Questa vitalità riesce ad incidere e a sfociare in una nuova missionarietà richiesta dal vescovo oppure rimane solo sulla carta? le numerose iniziative portano a far comprendere alla gente la necessità di un nuovo “innamoramento” dell’insegnamento di Gesù oppure le belle intenzioni rimangono tali? le tante parole dette e scritte conducono alla testimonianza oppure tutto rimane come prima ed ognuno resta arroccato sulle proprie convinzioni, geloso custode delle sue certezze?

Sono interrogativi in attesa di una risposta che “dovrebbe” arrivare anche dalla rielaborazione in corso di attuazione del progetto pastorale parrocchiale, iter complesso e luogo deputato all’ascolto e alla sintesi delle proposte di tutti.

Francesco Molteni

 

UN AMORE CON LA “A” MAIUSCOLA

È da poco trascorso il 14 febbraio, quel S. Valentino, festa degli innamorati che, pur facendo riferimento ad un Santo, porta con sé dinamiche puramente commerciali ben lungi dal potersi avvicinare a quell’Amore con la “A” maiuscola di cui sto per parlarvi. Sì, perché nella nostra parrocchia si è da poco celebrata una “ vera” festa dell’Amore che ha visto protagonisti coloro che vivono, condividono e coltivano da anni questo sentimento, sia da un punto di vista coniugale che religioso. Infatti, lo scorso 8 febbraio numerose coppie della nostra parrocchia hanno festeggiato insieme a tutta la comunità l’anniversario della loro unione e lo stesso Monsignor Pierangelo Facchinetti ha scelto la nostra Montesolaro per celebrare i suoi 55 anni di unione con Dio.

Due scelte d’Amore diverse ma entrambe portatrici di molta gioia e di  grandi sacrifici… due scelte d’Amore diverse ma entrambe basate sulla fiducia in Dio e sul riconoscimento dei propri errori. Ed è proprio su questi ultimi due punti che si è snodata, in quel giorno di festa, l’omelia di Monsignor Facchinetti. Egli, rifacendosi al Vangelo di Luca, ci ha ricordato come Simon Pietro si sia fidato completamente di Gesù “prendendo il largo e gettando le reti” e di come, nella Prima Lettera ai Corinzi, S. Paolo si definisca “il più infimo degli Apostoli”, riconoscendo così i suoi peccati verso Dio e la Chiesa.

Un messaggio importante questo, delle richieste forti e di non facile attuazione, come, del resto, tutto ciò che riguarda l’Amore…

È facile prendere tutte le gioie che questo sentimento regala, non lo è altrettanto assumersi le responsabilità e vivere i sacrifici che esso porta con sé. Ci sono tante, troppe coppie che, vissuta l’euforia e la gioia iniziale, non sono state in grado di gettare le basi per un Amore solido, duraturo, capace di superare le tempeste della vita.  Noi giovani siamo fortunati… quell’ 8 febbraio abbiamo visto un Amore vero, concreto, ben radicato nel tempo e desideroso di crescere e di rinnovarsi… siamo fortunati perché abbiamo avuto davanti agli occhi numerosi esempi di rispetto, fiducia e sostegno reciproco.

Auguriamoci di arrivare, un giorno, a poter dire anche noi grazie al Signore per un grande Amore… a poterlo dire con le loro stesse parole…

“Siamo tornati, Signore, davanti a te

a te che ci hai creati in dono l’uno all’altro

a te che ci hai pensato insieme

a immagine tua che sei l’Amore

a te che con la tua grazia ci hai accompagnato nel cammino che abbiamo percorso insieme.

Signore, siamo qui per ringraziarti:

con stupore riscopriamo ogni giorno

il mistero dell’Amore di coppia

un Amore che sfida le età della vita,

le fragilità del cuore, i fallimenti e le delusioni;

un Amore fedele che chiede una costruzione lenta e tenace.

Nella tua grande bontà ci sei venuto incontro

per fare di noi la tua casa

e per chiamarci ad annunciare la gioia del Vangelo

nelle nostre famiglie e nel mondo.

Signore, ti chiediamo perdono

per tutte le volte

in cui non siamo stati segno vivente del tuo Amore.

Vogliamo ancora, Signore,

raccogliere l’invito che oggi ci rivolgi:

essere “luce del mondo”

in mezzo al grigiore

che caratterizza questo nostro tempo…”

RAFFAELLA FORMENTI

 

26 ORE INSIEME

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ANAGRAFE PARROCCHIALE

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LA PARROCCHIA

Chiesa che vive tra le case degli uomini

Le indagini statistiche che negli ultimi anni hanno avuto per oggetto le 25.700 parrocchie italiane, ciascuna con una popolazione media di 2.286 abitanti (rilevazione relativa al 1995), fotografano un presente di grave difficoltà e lasciano prevedere un futuro ancora più incerto. Un dato per tutti: oggi nella nostra Italia, dove pure le cose vanno meglio rispetto agli altri paesi europei, ci sono in media 0,58 sacerdoti per ogni mille abitanti. Il clero diocesano attivo è sempre più anziano (l’età media è di circa 60 anni) e stenta ad essere sostituito dalle nuove leve, fra le quali la percentuale di sacerdoti nati all’estero è in sensibile crescita (il tasso medio del 4% subisce un’impennata nel Lazio, dove si arriva al 21,3%; tra i giovani, poi, in Umbria e Lazio quasi il 50% sono stranieri). Secondo le stime più pessimistiche, tra 20 anni il clero diocesano sarà diminuito del 40%.

Ma la parrocchia, «cellula viva» della Chiesa, è davvero un malato terminale?

No, se sarà capace di evolversi. Questa è la risposta della Conferenza episcopale italiana, riunitasi ad Assisi lo scorso novembre in occasione della 52a Assemblea generale. Si rende necessario un cambiamento significativo, che non si esaurisca in un semplice aggiornamento per adeguarsi alle nuove esigenze dell’uomo moderno. Occorre soprattutto una trasformazione che si configuri come sviluppo delle potenzialità insite nella natura stessa della parrocchia, intesa come «figura della Chiesa», che trae origine e linfa vitale in quella comunione di amore che ha il suo modello nel mistero della Trinità.

Don Gualtiero Sigismondi, docente di ecclesiologia all’Istituto Teologico di Assisi, ha riassunto in quattro punti ciò che è emerso dai seminari preparatori all’assemblea:

1) la parrocchia come grembo materno che genera alla vita cristiana;

2) il territorio come luogo teologico della parrocchia;

3) l’evangelizzazione come frontiera della parrocchia;

4) la parrocchia come comunità aperta e missionaria.

Mi sembra che questi quattro punti descrivano altrettante tappe di un percorso che ciascuna parrocchia oggi è chiamata ad intraprendere. La comunità cristiana radunata attorno ad una chiesa non deve perdere il suo caratteristico stile familiare: la parrocchia deve continuare ad essere ciò che è sempre stata, una grande famiglia, i cui figli sono generati alla vita cristiana ed accompagnati nel loro percorso spirituale ed umano mediante i sacramenti ed una continua educazione alla fede.

Ma ciò non è più sufficiente. Se la parrocchia, credendo di esaurire la sua funzione nell’essere nido e rifugio dei suoi membri, si chiude a guscio su se stessa, inevitabilmente inaridisce e muore. In quanto fondata su una comunione d’amore il suo tratto distintivo deve essere l’apertura. Due sono le sfide alle quali deve rispondere la parrocchia per realizzare la vocazione missionaria della Chiesa: la pastorale integrata e nuove frontiere di evangelizzazione. L’integrazione, sostenuta con forza dal Card. Ruini, va intesa in due direzioni. All’interno, essa si concretizza in un maggior coinvolgimento nella vita della parrocchia di tutte le sue componenti, all’insegna di quella corresponsabilità cui i laici sono sempre più urgentemente chiamati. Non c’è bisogno semplicemente di animatori delle attività parrocchiali, pure molto importanti. Occorre innanzitutto una generale presa di coscienza: la parrocchia non si esaurisce nella sua guida, il parroco; la parrocchia siamo tutti noi. All’esterno, pastorale integrata significa inserimento nelle realtà non solo ecclesiali, ma anche sociali del territorio circostante. La parrocchia non può e non deve essere un’isola, paga del buon funzionamento delle cose al proprio interno. Deve, invece, proporsi come componente attiva e partecipe della realtà sociale del territorio in cui è inserita.

Ciò può realizzarsi mediante un’evangelizzazione che parta dal suo interno e consenta di compiere il necessario salto di qualità dal «cattolicesimo popolare di una volta» ad una fede consapevole. Questa evangelizzazione deve spingersi fino ai margini della parrocchia, raggiungendo coloro che non ne sono ancora parte attiva.

Solo così la parrocchia potrà davvero essere, come auspica il Santo Padre, «Chiesa che vive tra le case degli uomini».

Tatiana Gammacurta

 

PRESTO AL VIA I LAVORI PER CIMITERO E VIA CALVI

Lo scorso 6 Febbraio presso l’aula Monsignor A. Pirovano, ricavata all’interno del complesso edilizio dove un tempo sorgevano le nostre vecchie Scuole Elementari, l’amministrazione comunale, nelle persone del Sindaco dott. Roccucci e dell’assessore alle opere pubbliche e viabilità Arch. Castelli, ha voluto incontrare la popolazione di Montesolaro al fine di render noto cosa “bolle in pentola” in tema di edificio cimiteriale parrocchiale e sistema viario del paese.

Per quanto riguarda il primo, terminato l’iter del “concorso di idee” che ha premiato lo sforzo progettuale degli Arch. Caronni e Bonanomi, dalla riunione è emerso che a breve dovrebbe finalmente partire il primo dei tre lotti di lavori che nell’arco di 3/4 anni porteranno alla riqualificazione dell’area ove insiste l’attuale cimitero.

Perché proprio di questo si tratta, di una risistemazione globale dell’agglomerato urbano che circonda e comprende il camposanto con la prospettiva di collegare maggiormente quest’ultimo allo scorrere della vita del paese. Partendo dalla scalinata proveniente da Via Calvi, resa più ampia e fruibile anche da coloro che hanno difficoltà motorie, per arrivare ai necessari parcheggi previsti nell’area verde fronteggiante l’entrata. Opera che, tra l’altro, impedirà anche l’accesso delle auto al piazzale antistante al cimitero tramite apposita “bretella” stradale innestata verso sinistra sull’ultimo tratto di Via S. Chiara. Tale zona di sosta per i veicoli, oggetto del citato primo lotto, richiederà un impegno economico di circa 200.000 Euro “chiavi in mano”.

Per ciò che concerne l’edificio cimiteriale vero e proprio, la linea guida seguita dai progettisti è stata quella di non rivoluzionare la sua struttura nel tentativo, sulla carta ben riuscito, di razionalizzarla e renderla il più funzionale possibile all’interno della fondamentale opera di omogeneizzazione della sezione originaria con quella di successiva costruzione. All’uopo ed in sintesi: mantenimento dell’ingresso esistente e ridefinizione del perimetro per mezzo di mura in pietra; realizzazione di percorsi pedonali interni meglio definiti e praticabili senza stravolgere l’ideale camminamento odierno; riorganizzazione della zona dell’altare mediante l’abbattimento della copertura odierna a favore di un’altra più “leggera” e lineare a sormontare i loculi ed a creare una sorta di navata ove accogliere ordinatamente i fedeli durante le celebrazioni eucaristiche da effettuarsi nell’ambito del cimitero.

Ma c’è anche qualche novità assoluta. La più rilevante delle quali riguarda il cosiddetto giardino delle ceneri che verrà eretto nella zona destra del cimitero e che ospiterà, come facilmente si arguisce, i resti di coloro che, sempre in aumento, optano per la cremazione sull’auspicabile via del Paradiso. Le ceneri, inoltre, stando alla recentissima Legge Regionale in materia di cui si attende solo il Regolamento attuativo, potranno anche essere sparse sul terreno e non solo conservate nelle apposite urne.

L’onere finanziario per gli interventi appena descritti e facenti parte, insieme ad altri, del secondo e terzo lotto di lavori, dovrebbe essere di circa 300.000 Euro ma, dal momento che una cospicua parte di fedeli della nostra Parrocchia risiede nel Comune di Figino Serenza, quest’ultima municipalità probabilmente parteciperà in buona misura alla spesa inerente al lotto n. 2.

Sul fronte della viabilità, siamo vicini ad un profondo rinnovamento dell’arteria stradale che longitudinalmente taglia Montesolaro.

Parliamo, ovviamente, della Via Nobili Calvi, striscia d’asfalto attraversata giornalmente da ben 7.000 veicoli, 500 circa all’ora nei momenti di punta. Dati, questi, rilevati da “Città possibile” associazione avente come scopo quello di studiare nuovi concetti viari che privilegino soprattutto la sicurezza di automobilisti e pedoni.

Proprio questa associazione, avente una sede a Como dal 1994, sulla scorta di quanto già suggerito alla nostra amministrazione municipale e da essa realizzato all’interno del nostro paese nel “girone” formato dalle Vie S.Francesco e Garibaldi, ha predisposto ed illustrato ai numerosi intervenuti il piano di riqualificazione della citata Via Nobili Calvi, da poco strada comunale e non più di pertinenza provinciale, concertato con il nostro Comune. Al motto di “limitiamo la velocità” di una strada che più che di una via di un piccolo centro sembra essere il rettilineo di un autodromo, tale piano prevede, da nord a sud ovvero provenendo da Cantù verso Carimate, una nuova e più canonica rotonda al posto di quella sorta di chicane esistente all’altezza della scalinata del cimitero e tutta una serie di “piani rialzati” della sede stradale in corrispondenza degli incroci che s’incontrano a destra ed a sinistra lungo il suo svolgersi. Nell’ordine l’intersezione con le Vie S. Francesco e S. Chiara, quella con la Via XXV Aprile, quella con le Vie Muselle e Madonnina e, per finire, quella con la Via Montenero. I relatori hanno tenuto a precisare a qualche astante preoccupato per l’incolumità della propria auto che questi “dossi” saranno dolci, essendo essi alti non più di 8 cm. Oltre a ciò si marcerà piano piano su una carreggiata ristretta dato che i marciapiedi verranno visibilmente allargati, soprattutto quello di destra dove saranno posizionati anche degli alberi.

La prima serie di lavori coinvolgerà la parte sud di Via Calvi e interesserà da vicino anche la nostra Chiesa parrocchiale. Infatti, davanti ad essa sarà posizionato il più lungo dei piani rialzati sopra descritti al fine di permettere un comodo attraversamento della strada da parte dei pedoni, fedeli e non, nella zona centrale di Montesolaro, mentre più avanti i parcheggi, ora “a spina di pesce”, assumeranno una conformazione parallela alla strada. Per concludere, la rotonda che praticamente chiude l’abitato montesolarese rimarrà dov’è e com’è, salvo un suo “restyling” a livello dei materiali.

RUGGERO FUMAGALLI    

 

UNA SCUOLA CHE CAMBIA

Ormai da tempo televisione, radio e giornali ci informano sull’evoluzione e sui particolari cambiamenti che la nostra SCUOLA italiana sta attuando tramite la plurinominata “legge Moratti”, chiarendoci e, allo stesso tempo, offuscandoci le idee.

Le impressioni che esporrò qui di seguito (tanto per non creare  confusione nei lettori) sono frutto di frugali letture di articoli e soprattutto sono il risultato di personali esperienze quotidiane nella realtà scolastica (nel mio caso quella della scuola dell’infanzia). Non sono certo considerazioni dettate da tendenze politiche o che hanno la pretesa di rispondere ai dubbi che questa riforma sta creando: è solo un punto di vista perché, anche chi la vive da spettatore,  possa pensare un po’ alla scuola.

La scuola italiana contemporanea vive momenti di grande cambiamento in ogni suo ordine e grado: gli articoli della legge emanati nei vari decreti recapitati alle scuole, esplicitano innovazioni, piccole o grandi, che la “legge Moratti” si propone di attuare. E’ normale che laddove avvengono dei mutamenti in realtà consolidate e discretamente avviate, all’inizio si creino peculiari confusioni o esagerate euforie… è altresì ovvio che occorre un periodo di transito per accettare, sperimentare ed attuare concretamente ciò che è stato modificato.

La scuola sta cambiando… come ? quando? perché?

Le risposte popolari a questi quesiti riguardano più che altro gli anticipi di iscrizioni alla scuola dell’infanzia o alla scuola elementare, l’abolizione degli esami di quinta elementare (quest’anno si faranno ancora), l’introduzione di una lingua straniera in più sin dal primo ciclo della scuola primaria, il cambiamento strutturale delle scuole superiori e via dicendo… Non potendo rispondere ai quesiti sopra posti, personalmente penso che tanti punti della riforma siano “cose vecchie” con “nomi nuovi” e che altri punti, se chiariti e attuati, possano davvero giovare al sistema scolastico.

Questa rivoluzione porta con sé aspetti positivi e forse più “idonei” alla scuola dei nostri giorni, occorrerà comunque non perdere di vista le basi della scuola di qualche tempo fa!

La chiave di volta è che tutti coloro che vivono questi cambiamenti

riconoscano e mantengano con impegno e professionalità il proprio ruolo, con spirito di collaborazione e senza tralasciare l’obiettivo principale: il bene di chi si sta educando.Promuovere la crescita integrale dei fanciulli favorendone lo sviluppo delle dimensioni umane e delle capacità rimane alla base dell’educazione, non solo di quella scolastica.

La scuola sia scuola, la famiglia sia famiglia con l’obiettivo comune di educare al meglio i propri alunni la prima, i propri figli la seconda. L’intento di queste righe non è stato quello di chiarire i vari punti della legge, bensì quello di augurare al mondo della scuola, realtà bella e complicata allo stesso tempo, un futuro colmo di impegno, chiarezza, professionalità e collaborazione, affinché questi attuali mutamenti siano una risorsa positiva e non si riducano, per chi vive questa realtà, ad un ostacolo polemico.

Ed è proprio ciò che si augura anche il Presidente Ciampi:

“La scuola è chiamata a dare ancora di più di quanto finora abbia dato perché le giovani generazioni siano messe in grado di costruire un futuro di pace, di libertà, di benessere, di confronto costruttivo con le questioni del nuovo secolo.

URSULA BORGHI