RELAZIONE ANNO PASTORALE PARROCCHIALE 2002

Carissimi, mi accingo a tenere questa relazione pastorale sul vissuto della comunità nel corso dell’anno da poco terminato. Sono consapevole anche del rischio che corro! Dire solo in parte quello che dovrei dire compiutamente. Ma è doveroso per il parroco, almeno una volta all’anno, fermare l’attenzione sua e dei suoi fedeli verificando l’andamento della propria vita cristiana e di quella della comunità.

Purtroppo ho a mia disposizione un tempo circoscritto, lo spazio di una normale predica. Devo insieme offrire una riflessione che non stanchi troppo e che insieme sappia coinvolgere.

Dovessi dunque sintetizzare i fatti caratteristici del 2002, dovessi dire le cose da ricordare, non esiterei a dire queste due.

1.       La Missione Popolare dello scorso gennaio/febbraio

2.       L’avvicendamento alla guida della nostra Chiesa Ambrosiana del nuovo Vescovo, il Cardinal Dionigi Tettamanzi.

La Missione Popolare è stata evento di particolare grazia, occasione opportuna di crescita per ciascuno e per tutta la comunità.

Tutti eravamo chiamati a prendere coscienza della propria vita cristiana, della propria identità. Che cioè siamo cristiani, battezzati, figli di Dio. Come tali dobbiamo vivere, in coerenza; nella consapevolezza del cammino da percorrere, della rotta da seguire. Cammino e rotta che hanno un nome preciso: Gesù, il suo vangelo, il suo messaggio di amore. Compito sostanziale della Missione?

1.        risvegliare più responsabilità nelle coscienze sull’esercizio e sulla pratica della propria vita cristiana.

2.        Fissare con decisione la rotta da percorrere: la strada che porta incontro a Gesù, l’impegno della Chiesa di questi anni dopo il Giubileo 2000.

La mia coscienza mi spinge ora alla preghiera.

Gesù, Tu ci sei necessario. Tu sei il Signore della vita e della storia. Tu, il traguardo per tutti. Sospiro ed anelito di ogni essere vivente, di ciascuno di noi e di tutti i popoli. Tu, vero e pieno significato, centro dell’universo intero.

Dunque la Missione Popolare come occasione per risvegliare questa coscienza, per ravvivare un impegno vivace, profondo di pratica cristiana generosa, di testimonianza matura e responsabile, capace di rendere ragione della speranza presente nei cuori.

Carissimi, che ne è, a distanza di un anno, della Santa Missione celebrata?

Certamente ricordate? Ci siamo preparati per tempo, lasciandoci guidare da una traccia biblica.

Siamo partiti riconoscendoci figli di questo tempo “soli e vuoti, rumorosi ed insensati, inevitabilmente idolatri”. (L’espressione era di Padre Turoldo). Preparandoci alla Missione abbiamo chiesto più volte, nella preghiera, il dono di una mente e di un cuore liberi dagli idoli asfissianti. Soprattutto il dono di essere aperti e docili all’ascolto dell’Unico Signore.

Durante il tempo della Missione siamo rimasti affascinati dalla bellezza dello stare insieme, comunità cristiana, desiderosa di rinascere con Lui, il Risorto, alla vita nuova, una vita ricca di significato e di più forte speranza.

Dice l’uomo biblico:

“Indicami, Signore, la Tua via così che io Ti conosca:

Risponde il Signore:

“Camminerò con te e ti darò riposo”. (Esodo 33)

Così ci siamo rivolti al Signore nel tempo della Missione!

E il Signore ha illuminato menti e cuori, ci ha ammaestrato con parole di vita. Pieni di gratitudine eccoci ora nel tempo utile a dare impulso al nostro “esodo”, cioè alla nostra conversione di vita. Conversione che comporta un deciso camminare sulle strade che il Signore offre, giorno dopo giorno, sino ad arrivare a quel traguardo di pace che è bene supremo, che è dono per tutti.

Carissimi, questo è quanto sta davanti a noi come lavoro prezioso da compiere!

Percorro alcune fasi del mandato che ci siamo assunti e qui le ricordo a mo’ di verifica.

Perseverare nell’ascolto della Parola. Il valore dell’Ascolto passa attraverso La preghiera quotidiana personale e familiare. Sia la Parola e non le nostre parole come ho ricordato anche domenica scorsa commentando il Prologo di San Giovanni: “In principio la Parola!”

Nella nostra Comunità non mancano iniziative e proposte per un ascolto assiduo della Parola. Penso alle molteplici occasioni: Scuola della Parola, Gruppi di Ascolto, Omelie, Catechesi quaresimali e quant’altro ancora.

Ci vuole, credetemi, un desiderio intenso ed una volontà forte per condividere questo cammino di fede. Ci vuole impegno e perseveranza! Virtù da chiedere al Signore come dono.

Diceva il brano di Vangelo meditato coi giovani del decanato, nell’ultimo incontro della Scuola della Parola: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?

Nella nostra comunità si può e si deve fare di più, sia come partecipazione sia come formazione di fronte all’annuncio della Parola!

La fede, si sa, viene dall’ascolto. Se non c’è disponibilità all’ascolto, siamo come una candela che muore per mancanza di cera. La Parola è alimento, è sostegno alla vita cristiana.

Nonostante gli anni trascorsi alla Scuola del Cardinal Martini, vero maestro, innamorato servitore della Parola, devo rilevare che, molti ancora, nella nostra Comunità, non ne hanno colto l’importanza e il valore.

Perseverare dunque nell’ascolto della Parola! E favorire momenti di incontro e di preghiera sulla Parola!

Una seconda attenzione vedo urgente e necessaria:

Celebrare fedelmente la Santa Messa festiva! Quando dico celebrare intendo metterci mente e cuore nelle azioni liturgiche. Sono ormai dieci anni che vivo in questa Comunità. Conosco aspetti positivi e virtù. E ce ne sono! Tante sono le consolazioni del parroco! Conosco pure qualche difetto. In una relazione come questa è bene aprire gli occhi indicando possibilità di superamento.

Non è forse giusto desiderare la propria sposa più bella, sempre virtuosa?

Credo dunque necessario un richiamo generico a maggior responsabilità sui doveri e sulle modalità del vivere i momenti liturgici e celebrativi.

Nell’ultimo incontro con i responsabili della liturgia e del canto sacro più di una persona ha sottolineato come le nostre assemblee faticano a cantare e non sempre partecipano in modo adeguato. D’accordo la presenza di un bravo solista, ma la comunità non deve stare a guardare. Deve essere coinvolta; essa pure è chiamata a cantare! L’ho già detto altre volte: “Non si va in chiesa come si va al cinematografo: ogni fedele è attore, chiamato per la sua parte a costruire l’azione liturgica”.

Se un estraneo entrasse in chiesa durante una delle nostre celebrazioni che giudizio darebbe del modo di pregare? È la nostra una comunità viva? Ha fede? È capace di partecipazione? Si lascia coinvolgere nell’azione liturgica? È disposta a pregare col cuore?

Potrebbe dare questo giudizio osservando l’assemblea, il modo con cui sta radunata, il contegno che tiene, il suo pregare, il suo cantare.

Che la preghiera nella nostra comunità sia sempre fatta bene. Impariamo a pregare insieme, coralmente. Siamo una comunità sì o no!?

Non c’è come trascurare queste cose per scadere, lasciarsi andare nella piatta superficialità. Si scivolerebbe in uno stile che non va bene a nessuno: non dà gloria a Dio, e non piace alla fin fine nemmeno a noi stessi.

La domenica cerchiamo di arrivare puntuali in chiesa. Occupiamo tutte le panche davanti. Quante volte sono tentato di richiamare coloro che stanno in fondo lasciando panche vuote davanti.

Alla Messa delle undici, noto giovani arrivare tardi e stazionare nella chiesa accanto. Questo non va bene, in quanto c’è posto per tutti in chiesa grande. Fermarsi a lato dà l’impressione di non voler aver parte all’assemblea. Dà impressione di non apprezzare il pregare ed il cantare insieme. Restare isolati nella chiesa accanto si cade nella tentazione del chiacchierare, del distrarsi. Si finisce a fare tutt’altro che vivere invece l’azione liturgica con i suoi frutti di grazia e di salvezza.

In questa situazione avverto poi un pericolo concreto.

Stazionare nella chiesa accanto, presto o alla fine si va a stazionare…. fuori chiesa. Mancando cioè le condizioni di una partecipazione liturgica seria e motivata alla fine si conclude di non venire più neanche alla Messa.

E che dire ancora dei pochi o dei molti che, per motivi di Messa veloce o di Messa più corta, dicono di adempiere il precetto fuori dalla propria comunità, frequentando liturgie domenicali nelle parrocchie viciniori?

Lascio giudicare la situazione!?

Dico semplicemente che ognuno deve crescere nella propria comunità. È doveroso fare riferimento alla propria comunità accogliendone proposte ed iniziative. La propria comunità ha una sua storia, ha i suoi cammini, ha le sue tradizioni.

Dice un proverbio: “L’erba del vicino è più verde, attira”. Può essere vero! Come può essere vero che frequentare sistematicamente altre parrocchie porta a dimenticare valori importanti. Questi ad esempio: la corresponsabilità e la partecipazione.

“La parrocchia è luogo di corresponsabilità. È luogo dove ogni fedele è chiamato a portare il suo contributo per l’edificazione, per il bene della comunità stessa”. (Cfr. Sinodo)

C’è un altro aspetto altrettanto vero quanto pericoloso e che quindi non è da snobbare. La mancanza di una volontà per una vita cristiana di alto profilo.

“Vado altrove perché non voglio impegnarmi fino in fondo in un cammino di crescita religiosa adulta e matura”.

“Vado altrove perché mi sta bene così. Posso fare quello che voglio. A me basta una misura minima di vita e di pratica cristiana”.

Filosofie zoppicanti, che non si addicono, che non possono appartenere a chi vuol essere vero discepolo del Signore. Filosofie queste che, purtroppo, fanno cattiva scuola. Dunque ognuno nella propria comunità partecipi e viva con impegno la sua testimonianza di vita.

·          I chierichetti siano fedeli e puntuali nel servizio all’altare; di esempio nella preghiera celebrativa.

·          I lettori ed i cantori svolgano con responsabilità e competenza il loro servizio, senza improvvisazioni e senza protagonismi.

·          Quanti sono addetti alle pulizie e al decoro della Chiesa edificio svolgano con gioia e con fiducia il lavoro.

·          E per tutti sia chiaro: quanto vien fatto in silenzio, di nascosto e con umiltà, il Signore lo apprezza immensamente. Al Signore non sfugge alcun operato. Il Signore conosce il cuore con cui ci si mette a disposizione. Il Signore ricompensa come Lui solo è capace di fare.

Una lode devo esprimere a quanti lavorano nel campo della gioventù.

Vedo nei responsabili attenzione e dedizione che mi rincuora. In un ambito difficile e fluttuante come quello giovanile è di conforto vedere persone che si adoprano a tenere insieme una realtà di per sé difficile, cercando per essa nuove forme aggregative capaci di rispondere alle sensibilità di oggi.

Penso innanzitutto al Consiglio d’Oratorio che vedo funzionare bene nei suoi componenti pur nella diversa età generazionale. È bello vedere genitori, giovani ed adolescenti ritrovarsi periodicamente a programmare e verificare iniziative e attività che riempiono la vita dell’Oratorio; iniziative ed attività che richiedono oggi sempre più tempo, più impegno, tanto aggiornamento.

Penso poi al Gruppo Adolescenti Giovani da poco nato e già consolidato; un gruppo che dimostra di essere capace di proposta, di aggregazione, capace di aprire orizzonti per un futuro giovanile ricco di promesse nella nostra comunità.

Il GAG è una modalità di aggregazione suadente e stimolante. Nessuno può dire che sul territorio della parrocchia non si fa niente per la gioventù locale.

Accanto a questo ambito c’è poi il Gruppo Sportivo, gruppo che è parte della parrocchia. Anzi, questo Gruppo, quando è nato, è nato proprio all’interno dell’Oratorio e dell’Oratorio conserva, dovrà sempre conservarne lo spirito e l’attenzione. Il GS Montesolaro è oggi realtà ben strutturata che offre, alla quasi totalità giovanile locale, un efficiente servizio di pratica sportiva. È un realtà interamente guidata genitori, ben inseriti nella comunità e che per la comunità dedicano in modo gratuito tempo, fatica, professionalità.

A quanti spendono energie e lavorano in questi campi formativi dico con forza di continuare per il bene della gioventù, perché cresca bella, sana, fortemente legata a valori umani e cristiani.

Tanta disponibilità educativa non è forse vera la ricchezza della nostra parrocchia? Io sono sicuro che le fatiche che si affrontano e che si portano sulle spalle nel lavoro educativo sono investimento efficace per un futuro promettente alla nostra comunità.

Da ricordare poi come fatto importante successo lo scorso anno è l’avvicendamento sulla Cattedra di Sant’Ambrogio del nuovo Cardinale Arcivescovo Dionigi Tettamanzi.

Ci tengo a farne menzione in questa mia relazione. Il nostro essere Chiesa di Cristo oggi dice necessariamente che noi siamo legati e riferiti al Pastore che rappresenta Gesù oggi, in mezzo a noi.

Il Cardinal Martini ha rimesso nelle mani del Papa il mandato di Pastore della Chiesa di Milano. La nostra Chiesa di Montesolaro è piccola porzione della grande chiesa che è a Milano.

Le sue dimissioni, motivate dall’età raggiunta e da problemi di salute, hanno così interrotto un episcopato durato per oltre vent’un anni.

Riandare su questi anni di Martini a Milano è motivo di consolazione e stupore. Il suo è stato un tempo di grazia e di bene per tutta la Chiesa milanese.

Pure il nuovo Arcivescovo è un dono. Ce lo ha fatto il Papa con la sua sollecitudine, con il suo amore. Il cardinal Dionigi Tettamanzi è ora la nostra nuova guida, ci rappresenta Gesù! Per noi è l’anello sicuro di congiunzione con Gesù. Ci assicura che stando uniti a Lui, siamo uniti al Papa, siamo uniti a Gesù.

Questa è la fede della Chiesa. Questa carissimi parrocchiani è la mia, la nostra fede.

Amiamo il nuovo Arcivescovo come abbiamo amato il cardinal Martini e non dimentichiamo una frase da Lui pronunciata in uno dei suoi ultimi discorsi:

“I vescovi passano, lo Spirito resta!”.

Quante cose avrei ancora da dire! Vasto è il campo dell’azione pastorale che la nostra comunità abbraccia. Una parola ancora dedico alla realtà della famiglia. Dice il Sinodo 47° al paragrafo 396:

“La Chiesa ambrosiana è pienamente consapevole dell’importanza della famiglia per la crescita della persona, lo sviluppo della società, e la vita della Chiesa. La famiglia è il primo luogo in cui la personalità prende forma ricevendo il senso dell’esistenza ed è la comunità in cui si realizza la comunione delle persone come segno della “civiltà dell’amore”, in quanto essa trae la sua radice e la sua dignità dal mistero stesso dell’amore di Dio”.

Il futuro dell’umanità dipende dalla famiglia! Come stanno di salute le famiglie della nostra comunità? Non è così facile rispondere!

Ne conosco di stupende, e lo dico con gioia perché vedo in esse vere comunità di amore perché c’è in esse unità, armonia, rispetto, obbedienza, capacità di comprensione, di compassione. Elementi questi che implicano di per se stesso reciprocità, rapporto vicendevole, comunione. Atteggiamenti ed impegni questi assolutamente necessari perché – checché se ne dica – la volgarità, l’irrisione, l’insensibilità altro non sono che egoismo, e talora un grande egoismo, che fa morire l’amore nel quale si fonda e si mantiene la famiglia stessa!

Che le famiglie della nostra comunità siano ispirate dallo stile e riferite sempre, quanto a comportamento, alla Santa Famiglia di Nazaret che è l’unico vero modello di ogni famiglia. Che dunque le nostre famiglie ne siano splendida fotografia!

Anche da noi però si registrano, quasi in un crescendo, famiglie in difficoltà. Queste situazioni di crisi meritano tanta comprensione. Talvolta sono così complessi i problemi di alcune famiglie che non si sa davvero come aiutare. Quando vengo a conoscere una famiglia in difficoltà, cerco, se mi è richiesto, di mediare, di suggerire consigli pratici, dettati dal buon senso, per un superamento della crisi stessa. Soprattutto ne faccio oggetto di preghiera al Signore; una preghiera sofferta e di condivisione.

Una cosa però sento qui di sottolineare seppur in forma generica Quando nella vita di coppia si scatena qualche difficoltà, qualche contrasto, bisogna risolvere subito questa crisi. Non si deve trascinarla all’infinito rimanendo giorni e giorni col musone in attesa di chissà chi.

Per me i contrasti e le difficoltà si possono risolvere se c’è la disponibilità al perdono. Si deve praticare il perdono! Dobbiamo diventare capaci di dare il perdono e di ricevere il perdono. La rovina di tante famiglie è la mancanza in esse di una capacità di perdono!

Giudico l’orgoglio come la “mala bestia” che fa morire anche le cose grandi, i valori veri! Oggi l’amore viene ucciso dalla superbia e dall’orgoglio. Sono convinto che l’amore dei coniugi è capace di camminare nel tempo e negli anni se i due praticano le virtù della umiltà e del perdono. Se i due sanno perdonarsi reciprocamente non conosceranno fallimenti nella loro vita coniugale..

Carissimi parrocchiani teniamo alta la misura della nostra vita cristiana. Cerchiamo di avere attenzione e cura della nostra vita spirituale accostandoci regolarmente ai sacramenti. Gesù li ha istituiti perché avessimo ogni aiuto e tenere così alto il rendimento spirituale, il profilo della nostra vita cristiana.

Suggerisco la partecipazione alla Messa anche nei giorni feriali.

Conoscessimo davvero il valore di una Messa celebrata, non mancheremmo all’appuntamento!

“Tutti hanno un orologio e nessuno ha tempo. Scambiate le due cose: lasciate il vostro orologio e riprendetevi il vostro tempo”.

Ho trovato questa frase leggendo una riflessione di Monsignor Ravasi sul quotidiano “Avvenire”. Dice il sacerdote: “L’orologio è diventato, soprattutto ai nostri giorni, una sorta di giudice inesorabile: persino quando si è in chiesa è facile vedere fedeli che controllano l’ora sul quadrante dei loro orologi, quasi a contingentare anche il tempo destinato a Dio”.

In una società frenetica come la nostra, convinta solo che “il tempo è denaro”, è necessario qualche volta buttar via l’orologio e riappropriarsi del nostro tempo per viverlo in modo personale, libero, creativo, quieto e sereno.

E che dire della dimensione caritativa nella nostra comunità?

Ho davanti a me la relazione presentatami dall’incaricata del Gruppo Missionario riguardo l’attività svolta lo scorso anno.

Ventimilacentottantuno euro devoluti in carità! Un cifra lusinghiera, che testimonia generosità e attenzione della nostra Comunità verso i poveri.

Assieme al dare per i poveri lontani, si abbia attenzione anche ai poveri vicini. Quelli cioè della casa accanto; quelli che sappiamo soli e tristi; quelli malati o schiacciati da tanti problemi. Le povertà di oggi non sono solo quelle che comportano il dare un aiuto materiale: procurare cioè il cibo, il vestito, la casa, il lavoro e così via. Oggi necessitano soprattutto aiuti di tipo spirituale: il conforto nel dolore, la presenza nella solitudine, il consiglio nel dubbio, il perdono a chi offende, la correzione a chi sbaglia, l’istruzione a chi ricerca la verità, la testimonianza della fede a tutti. Le opere di misericordia materiale e spirituale!

Attenzione dunque ai poveri della comunità! Questi poveri sono anche nella nostra ricca Montesolaro. Farsi carico di loro è grande urgente gesto di carità.

Serve farsi avanti, entrare a far parte dei Gruppi caritativi già operanti. Serve rendersi disponibili, dare una mano, dedicare tempo, come stanno facendo in modo esemplare quelli del Gruppo Caritas e del Gruppo Missionario.

L’egoismo si annida nel cuore di ciascuno e può succedere purtroppo che uno metta il cuore in pace dicendo: “Ho fatto il mio gesto di carità; sono a posto, mi sento a posto!”. “La carità non avrà mai fine!”

Concludo questa relazione con un accenno alla situazione economica.

Ringrazio quanti sono attenti ai bisogni della Comunità, ne sostengono il vivere dignitoso ed hanno a cuore le strutture, gli ambienti e le attività.

Ho già avuto modo di dire come la nostra parrocchia ha tante proprietà. In questi anni si è dovuto affrontare ristrutturazioni di edifici bisognosi di intervento. Quanto fatto, lo si è sempre deciso in sede di Commissione Economica Parrocchiale.

Urgente è ora intervenire sullo stabile dell’Oratorio Maschile cui è annessa la cappellina. Il tetto di questo stabile è in situazione penosa e di avanzato degrado. Necessita un pronto rifacimento del tetto che purtroppo filtra acqua quando acquazzoni e temporali insistono fuori misura. Una promessa ci è venuta pubblicamente dalla amministrazione comunale nella persona del Sindaco. Si tratta di approntare un progetto di rifacimento tetto e facciata.

Lo stabile di via Madonnina è in corso di fine opera. C’è voluto così tanto tempo, per motivi di organizzazione da parte degli architetti prima e della stessa impresa poi. Motivi che giudichiamo a tutt’oggi incomprensibili. Né il parroco né la Commissione Economica sanno rendere ragione di tanta lungaggine. Di questo chiedono scusa.

Ora sembra tutto a posto. In questi giorni di fine gennaio si procede alla posa del pavimento e, subito a seguire, i lavori di recinzione e di finitura interna ed esterna dello stabile: posa dei serramenti, ultimazione dell’impianto idrico sanitario, impianto elettrico, ascensore e quant’altro. È presumibile che per l’inizio della prossima estate tutto sarà finito.

La situazione finanziaria? Metà circa del costo complessivo dell’opera è già pagata (400.000 euro). In cassa sono 170.000 euro. Resta ancora un cammino impegnativo per arrivare al tetto dei 900.000 euro, costo preventivato dello stabile di via Madonnina.

Mi rivolgo alla comunità per dire l’urgenza di un sostegno più corale. Non tutte le famiglie hanno aderito alla proposta formulata a suo tempo dalla Commissione Economica (ogni famiglia mille lire al giorno per tre anni di seguito!).

In questi anni non ci sono state entrate straordinarie di particolare peso, tranne il contributo della Cassa Rurale Artigiana (31.000 euro!) che qui ufficialmente e doverosamente ringrazio.

Resto fiducioso in eventuali contributi che provvidenzialmente possono aggiungersi. Alleggerirebbero lo spessore del debito che impedisce l’accelerazione al compimento dei lavori in cantiere.

 

CAPODANNO 2002 … 2003

Sembra strano parlare ancora dell’ultimo dell’anno quando ormai l’atmosfera natalizia e il rilassamento delle ferie sono un lontano ricordo, ma vale la pena scrivere due righe su quei meravigliosi giorni di vacanza insieme…

Domenica 29 dicembre 2002, dopo la S. Messa, 33 tra adolescenti e giovani della nostra parrocchia sono partiti con meta Monteleco... per qualcuno luogo sconosciuto, per altri un ricordo dell’anno precedente. Tre giorni all’insegna dell’amicizia, della condivisione, delle risate, da alcuni momenti di preghiera...insomma tre giorni per attendere con ansia il nuovo anno.

È stata un’esperienza positiva, cosi come è stato sottolineato anche nella verifica che recentemente i partecipanti hanno svolto, che ha visto coinvolti tutti i ragazzi che hanno risposto bene alla proposta (del GAG!) a vivere questo “ultimo” insieme.

Non si possono scrivere qui tutti gli aneddoti e i momenti di gioia che in quei giorni abbiamo vissuto... e anche i piccoli inconvenienti che ci sono stati... ma tutto è servito per stare insieme... per stare bene insieme!

E allora un grazie di cuore a tutti coloro che hanno vissuto anche con me questa vacanza e che hanno aspettato il 2003 con la speranza che sia un anno ricco di “doni belli” per tutti!

… e ricordando lo slogan dell’articolo scritto sul Bollettino lo scorso anno per questa iniziativa… MONTELECO ALÈ!

Ursula Borghi

 

SAN GIOVANNI BOSCO

Non tutti sanno chi è Giovanni Bosco, molti pensano che sia un santo come tutti gli altri ma si sbagliano e con questo articolo vorremmo farvelo conoscere meglio.

Don Giovanni Bosco, nato a Castelnuovo d’Asti (oggi Castelnuovo) nel 1815, fu un sacerdote ed educatore cattolico e santo. Ordinato sacerdote nel 1841, scelse come propria attività principale l’educazione della gioventù, persuaso della necessità di offrire alle classi sociali più umili una formazione completa, che all’educazione religiosa affiancasse un’adeguata preparazione professionale e un livello accettabile di istruzione. Considerando come fondamento della sua opera un preciso metodo pedagogico volto ad assicurare un fruttuoso approccio con i giovani, don Bosco (questo è il nome con cui il santo è familiarmente noto) fondò a Torino nella località di Valdocco, il celebre oratorio posto sotto la protezione di San Francesco di Sales: a questa figura egli si ispirò anche nel proposito di dar vita a una congregazione religiosa, quella dei salesiani, fondata a Torino nel 1859, riconosciuta definitivamente dall’autorità ecclesiastica nel 1874, impegnandosi con i primi aderenti nell’educazione dei giovani delle classi sociali più povere.

Accolto favorevolmente in Italia, l’ordine raggiunse già nel 1875 la Francia e l’America latina, dove si distinse per l’intensa opera di diffusione dei libri come mezzo indispensabile alle attività pedagogiche e catechistiche, fondando numerose case editrici tutt’ora attive. Alla famiglia salesiana appartengono, con gli oltre 17.000 religiosi del ramo maschile, le suore di alcuni istituti tra i quali le Figlie di Maria Ausiliatrice. Fu canonizzato nel 1934, la sua memoria liturgica è fissata al 31 Gennaio, fra i santi più considerati dalla devozione popolare, la sua vita è oggetto di attenta valutazione in sede storica, soprattutto per quanto concerne il suo ruolo nella formazione della dottrina sociale della chiesa cattolica: acquista particolare valore in questo contesto la mole dei suoi scritti, circa 150, redatti con uno stile volutamente spontaneo e concreto allo scopo di raggiungere il maggior numero possibile di lettori. Muore a Torino nel 1888. In una delle sue lettere scrive: “Aiutiamo i ragazzi a essere onesti cittadini e buoni cristiani. Non è sufficiente preoccuparsi che diventino dei professionisti, se poi sono disonesti, bugiardi, egoisti.”

Con questa frase vorremmo farci capire quanto impegno don Bosco ha messo nel rapporto con gli adolescenti e i giovani.

Filippo Fumagalli / Marco Bonacina

 

SANT’AGNESE… UN ESEMPIO PER NOI RAGAZZE!

L’esistenza di questa            giovanissima martire, vissuta agli inizi del IV°Secolo vittima a 12 anni della feroce persecuzione di Diocleziano, e ben documentata.

Attenendosi ad una tradizione greca, papa Damaso parla del martirio di Sant’Agnese sul rogo. Sembra però più verosimile l’affermazione del Poeta Prudenzio, secondo cui la giovinetta venne decapitata con un colpo di spada; con il cruento olocausto della sua giovine vita, tenero e cando agnello offerto in dono a Dio, Agnese è ricordata come vergine martire, esempio di purezza. Il suo corpo fu deposto nel cimitero intitolato a suo nome e sul suo sepolcro fu eretta una splendida basilica. Il sacrificio di questa santa fu cantato in versi in un bellissimo inno da sant’Ambrogio che, a Milano propose Agnese alle vergini cristiane come modello di fede e di coraggiosa dedizione a Cristo.

Fin qui qualche notizia storica; ma perché ricordare sant’Agnese ? per le sue virtù e per poterle imitare. Sant’Agnese, infatti non è solo una festa organizzata dalle ragazze per una serata insieme, ma oltre alla gioia di condividere qualche ora con le amiche, c’è anche il desiderio di assomigliare almeno un poco a questa giovane che ha amato così tanto Gesù fino a dare la sua vita.

Viene spontaneo, leggendo la sua storia, recitare una preghiera, preghiera da rivolgere a Gesù, preghiera di ogni ragazza che si prepara alla vita, che si sta impegnando a scoprire la propria vocazione.

Gesù figlio di Dio, che scegli le creature più miti e più deboli per confondere la potenza del mondo,

donami il coraggio, nonostante la mia giovane età, di cercarti per conoscerti sempre più e per amarti con costanza nella fede e nella purezza.

Fa che la mia vita si realizzi nella sua vocazione, rispondendo ai desideri che il Tuo cuore ha per me.

Fa che con forza e coraggio io faccia della mia vita una corsa come di messaggero che prende percorsi angusti senza paura di ferirsi per raggiungere i fratelli e le sorelle che portano anch’essi il Tuo nome.

Insieme compiremo la corsa del Tuo vangelo, che passa attraverso il dono di se stessi e ci conduce in ogni luogo in cui vi sono persone che attendono la Tua infinita tenerezza.

Moscatelli Chiara

 

S. FRANCESCO DI SALES

Gennaio: 24 S. Francesco di Sales, 31 S. Giovanni Bosco. Quasi 3 secoli dividono la “nascita al paradiso” di queste due figure di santi, e se all’apparenza, nulla li accomuna se non la santità, in realtà un filo, non tanto sottile, unisce questi eletti: la passione educativa e la semplicità nel modo di comunicare con la gente. In tempi ed epoche molto diverse hanno vissuto ed interpretato queste loro peculiarità in stile encomiabile tanto da meritare l’onore degli altari. Di Don Bosco si conosce quasi tutto, un po’ meno forse del santo nativo della Savoia. Ad egli il grande prete piemontese si ispirò quando pensò ed attuò i primi passi del suo movimento. L’oratorio del rione Valdocco a Torino dove radunò i primi giovani era dedicato a S. Francesco di Sales, da qui il nome di “Società Salesiana” ed il papa Pio IX quando diede l’imprimatur all’opera di Don Bosco emblematicamente uscì con questa felice espressione “che sale-siano”. Il riferimento al santo francese è stato sempre ben presente nella vita di S. Giovanni Bosco.

Una breve biografia del santo francese. Nacque ad Annecy nel 1567 durante il periodo della prima ostensione della sindone voluta da duca di Savoia. Il padre lo voleva avvocato, Francesco invece si lasciò “coinvolgere dall’amore di Dio” e dopo aver studiato a Padova divenne sacerdote nel 1593. Erano quelli gli anni dell’avvento della logica calvinista secondo la quale Dio destina da sempre alcuni uomini alla salvezza e altri alla dannazione. Essere cattolico e per di più sacerdote non offriva le più rosee prospettive ma nell’omelia della sua prima messa Francesco afferma l’importanza della carità da contrapporre ai cattivi esempi dei cattolici che col loro comportamento avevano favorito l’ascesa dei calvinisti. Il vescovo rimase meravigliato di quel discorso e capì che con Francesco poteva riportare nell’ambito della chiesa di Roma una “moltitudine di pecorelle disperse”. Il novello sacerdote fu destinato a Ginevra, allora popolata da venticinquemila anime con appena un centinaio di persone rimaste fedeli al papa. Qui il giovane prete liberò la sua voglia di agire e di comunicare: scriveva dei foglietti nei quali con il linguaggio semplice ed efficace spiegava la verità della Fede, li affiggeva alle porte delle case, li faceva scivolare sotto le porte, li attaccava ai muri o nei posti più impensati, un precursore di quelli che oggi chiamiamo “uomini dei mass media”. Ebbe confronti, anche acerrimi, con i seguaci di Calvino, ed alcuni li condusse persino alla conversione. La fama crebbe e nel 1602 Francesco fu consacrato vescovo. La nomina non lo inorgoglì, anzi vendette i beni, concessogli di diritto dalla carica vescovile, ai più poveri e continuò la sua missione nelle strade: era una fucina di iniziative con il solo scopo di riportare all’ovile il gregge che aveva intrapreso un percorso diverso, magari anche controvoglia. Mantenne contatti sia con l’alta aristocrazia sia col più semplice dei fedeli, scrisse molto (allora non esistevano i computers e nemmeno le Bic). Trovò il tempo di stilare anche i due libri che lo avrebbero eletto e riconosciuto dai posteri Dottore della Chiesa: “Introduzione alla Vita Devota “e “Trattato dell’Amore Divino”. Mangiava pochissimo, girava molto per le visite pastorali nella sua diocesi di Ginevra, teneva un ritmo alto di vita che gli consumava le forze: morì a Lione il 28 dicembre del 1622 a soli 55 anni. Il 24 gennaio 1623 fu sepolto nella nativa Annecy, nel 1655 fu dichiarato Santo, nel 1877 proclamato Dottore della Chiesa, e nel 1923 papa Pio XI lo elegge patrono dei giornalisti cattolici. Un santo che ha fatto della coerenza una delle ragioni della sua breve ma intensa e laboriosa vita. Un esempio da seguire o tentare almeno di imitare nel limite del possibile per chi dal giornalismo trae la fonte del suo sostentamento.

Francesco Molteni

 

Pubbli chiamo qui di seguito la lettera di ringraziamento inviata alla nostra parrocchia dalla Caritas Ambrosiana.

Milano, 8 gennaio 2003

Caritas Ambrosiana

Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: - In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri:

Poiché tutti hanno dato del superfluo, essa, invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere- (Mc 12,42.44)

Siamo grati per la Vostra generosità.

Siamo felici che ancora tante persone si accorgano che alcuni fratelli non hanno neppure l'essenziale per poter sopravvivere e chiedono urgente aiuto.

Vi ringraziamo perché Vi fidate di noi dei nostri mezzi e confidate nella nostra continua ricerca di promozione di qualsiasi essere umano, vicino o lontano.

Vogliamo rispondere con prontezza a questa Vostra fiducia affinché siate sempre di sprone per le nostre attività a favore degli ultimi.

Anche per questi motivi siamo lieti di precisare che la Vostra offerta di euro 700 effettuata in data 19-11-2002 verrà impiegata in favore di ONLUS EMERGENZA ITALIA.

Nel ringraziarVi porgiamo vive cordialità:

Il Procuratore (don Virginio Colmegna)

 

OPERAZIONE S.O.S. 2003

QUI PER TE…LÀ PER LORO

gennaio 1995 da roma, alla vigilia della sua seconda partenza in libano, suor donatilla ci scriveva:

Per noi missionari ogni stagione della vita è buona per “prendere il largo” e ripartire, andare oltre frontiere per testimoniare l’amore di Dio nel servizio dei fratelli.

Ci vuole coraggio, una grande fede e un abbandono sconfinato per proiettarsi in una nuova missione

Con il Salmista mi viene spontaneo dire:

“Piantata nella casa del Signore

mi spingo in avanti con gioia

quale cedro del Libano

ricevo tutta la forza dal mio signore

per poter produrre frutti abbondanti anche

nella vecchiaia e poter dar gloria

al Padre che è nei cieli”

Salmo81

ottobre 2002 abbiamo incontrato suor donatilla di ritorno in italia per una breve vacanza e le abbiamo posto alcune domande

Com’è la situazione in Libano?

Il Libano, paese dai molteplici volti, che riunisce in se innumerevoli ricchezze archeologiche, una grande diversità geografica, culturale e religioni differenti, sta risollevandosi dai lunghi anni di guerra (1975/1990).i numerosi libanesi emigrati nei cinque continenti, restano fortemente attaccati alla propria terra e alle loro radici culturali.il loro desiderio più vivo è di ritornare nel paese ogni volta che possono, per ritrovare il calore delle radici, portare il proprio aiuto e ricostruire la pace, insieme alle cose distrutte.

Nonostante l’insicurezza diffusa dal permanere dell’occupazione siriana, il Libano si sita ricostruendo, è in via di ricostruzione. È un modo per testimoniare la rivincita della vita sulla morte, della pace sulla guerra. In questo contesto socio-politico la Chiesa lavora per la riconciliazione e aiuta le popolazioni, fuggite sotto l’urto della violenza, a ritornare nei loro villaggi.

Sappiamo che si è celebrato il Sinodo speciale per la Chiesa Cattolica, com’è stato accolto? Quali sono le attese? Com’è vissuto?

Il Santo Padre ci ha fatto dono di una sua visita consegnandoci l’Esortazione Apostolica “UNA NUOVA SPERANZA PER IL LIBANO”. In questo delicato momento le indicazioni del Sinodo costituiscono per i cristiani libanesi un motivo di speranza. Tutti i libanesi non solo vogliono

cancellare le rovine che la guerra ha inferto alle cose e alle persone, ma vogliono ricostruire un Libano nuovo. Per ricostruire un Libano nuovo occorre ripartire con umiltà abbandonando illusioni e odio e iniziare la salita della montagna che porta la Libano-Missione (così si è espresso un giornalista)

Per LIBANO MISSIONE si intende la vocazione a cui il Libano si sente chiamato, aperto com’è sull’Oriente arabo e sull’Occidente. Missione come: dialogo tra diversi, convivenza pluralistica, mediazione, testimonianza evangelica. Iniziare la salita della montagna vuol dire che il lavoro per la ricostruzione del Libano è tutta in salita. Il Sinodo infatti da orientamenti per incidere sulle diverse dimensioni che costituiscono la vita: dimensione religiosa, sociale, economica e politica.

Suor Donatilla, dentro questo contesto, lei come si sente, quale ruolo svolge dentro questa società?

La radice profonda del mio essere qui in Libano oggi trae la sua origine dal Sinodo stesso, dall’Esortazione Apostolica “UNA NUOVA SPERANZA PER IL LIBANO”.

Questo documento afferma che una delle vie di rinnovamento della Chiesa de Libano è la sua apertura alla missione “Ad Gentes”

“Lo slancio missionario verso l’esterno non può che rinnovare la giovinezza ed il vigore della Chiesa all’interno di essa…”

La Chiesa si è lasciata interpellare da queste provocazioni e si è chiesta come mai il soffio missionario e lo zelo apostolico che hanno animato i primi secoli del cristianesimo, col passare dei secoli si è affievolito e rischia di estinguersi.

In Libano la Chiesa rischia di sparire perlomeno di sussistere con qualche minoranza. Attualmente in Libano i cristiano sono il 40%. Le ragioni della regressione sono diverse, ma il fattore più importante che ha portato a questo stato di fatto è stato quello della persecuzione dei cristiani in questa regione subito durante lunghi secoli riducendoli ad una minoranza. Questa situazione li ha portati a lottare per conservarsi e sopravvivere più che cercare di evangelizzare gli altri, e di conseguenza si è perso lo slancio missionario.

Il pericolo che minaccia ancora i cristiani del Libano è quello di contentarsi di “conservare la fede” portandoli ad una chiusura su loro stessi, mettendosi delle barriere e fare una specie di ghetto. Di conseguenza non si è più sole della terra e luce per il mondo.

Suor Donatilla, se il suo essere in Libano ora trae la sua radice profonda dall’esortazione Apostolica, come serve questa Chiesa, come riesce ad essere lievito dentro questa massa?

Una candela se si vuol conservare, non illumina. Il sole messo accanto al cibo è immangiabile. Il lievito diluito nella pasta rischia di marcire e la pasta non lievita.

Il grano di frumento se non accetta di essere messo in terra e morire, resta solo e non da frutti. Così per me. Il mio essere è quello di immergermi in quel contesto di Chiesa, è essere presente come una discepola del Signore Gesù cristo e unirmi ai credenti per sostenerci reciprocamente nel cammino della testimonianza evangelica.

Ero attesa in Libano come esperta di animazione missionaria” nella diocesi di Milano. Nella linea dell’interscambio e della cooperazione tra le chiese, i miei superiori mi hanno invitato per questo compito specifico.

Al mio arrivo nel Gennaio 1995, si è subito costituito un piccolo gruppo di riflessione con la partecipazione di due vescovi, per vedere come ridare a questa nostra chiesa un nuovo slancio missionario ed una nuova giovinezza.

Dopo due anni di lavoro e di sensibilizzazione si è riusciti ad allargare il gruppo e dare vita al GAM (gruppo di animazione missionaria) riconosciuto ufficialmente dalla Chiesa come Commissione Missionaria nazionale per la cooperazione tra le Chiese.

gruppo operazione s.o.s.

 

APPUNTAMENTO CON IL GAG

Oggi è domenica 15 dicembre e siamo sotto il portico della chiesa di Montesolaro cercando di sopportare il freddo con un termos di tè bollente: a quest’ora non c’è molta gente (praticamente nessuno, sono le tre del pomeriggio!) che passa e si ferma al mercatino dell’“operazione S.O.S. 2003” per il Libano; fino ad ora comunque si può essere soddisfatti del risultato.

Intanto, come ogni mese, raccontiamo a tutti quelli che non hanno potuto partecipare alle iniziative del GAG cosa hanno combinato i ragazzi di Montesolaro venerdì 13 dicembre (appuntamento mensile per la cena insieme) e nelle festività natalizie.

La cena di venerdì 13 è stata molto partecipata (più di 40 persone) e come al solito ottima, per merito delle nostre cuoche Anna, Rosy e Elda. Il post-cena è stato all’insegna della musica: tutti (o quasi) i partecipanti alla serata si sono divisi in due squadre sfidandosi a suon di canzoni, diretti dal “capobanda” Stefano che ci ha forniti di karaoke. La gara è finita in parità (tanto per cambiare!)… quindi prossimamente ci sarà la rivincita… tenetevi pronti!

Ma i ragazzi di Montesolaro si sono dati da fare anche collaborando col gruppo missionario (proposta caritativa “operazione S.O.S. 2003), durante i mercatini di domenica 8 e domenica 15 dicembre, prima a Carimate e poi a Montesolaro. Ma noi siamo solo degli aiutanti, quindi sarà il gruppo missionario a tenervi aggiornati sulla proposta caritativa di quest’anno.

Qui però non ci si ferma mai, neanche durante le festività natalizie: infatti ci siamo scambiati gli auguri dopo la messa di mezzanotte e siamo stati tutti in oratorio a mangiare una fetta di panettone. Ci siamo anche organizzati per un capodanno coi fiocchi (ovviamente in senso figurato, non ha nevicato affatto!): abbiamo vissuto infatti qualche giorno (29/12-1/01 a Monteleco) insieme in amicizia, collaborazione, divertimento e… non anticipiamo troppo!, leggerete il resoconto della vacanza nella pagina che segue…

Rinnoviamo come al solito l’invito a tutti i ragazzi per il venerdì sera, prima a messa e poi all’oratorio, dove potrete vedere anche il calendario con i prossimi appuntamenti e aggiornarvi. Vi aspettiamo!

Elisa e Daniela

 

ANNIVERSARIO DI MATRIMONIO

Come tutti gli anni, la nostra comunità parrocchiale festeggia gli anniversari di matrimonio. Nel gruppo ci siamo anche noi.

La nostra storia inizia il 1° Maggio 1978: 25 anni di matrimonio.

Guardando a ritroso la nostra vita insieme il primo pensiero è un GRAZIE al Signore per tutti i doni che ci ha regalato.

Pensiamo ai nostri genitori che per primi ci hanno insegnato, più con l’esempio che con le parole, i veri valori della vita.

Pensiamo ai nostri sacerdoti ed educatori che ci hanno aiutato, prima e durante il matrimonio, a fare sempre riferimento agli insegnamenti di Gesù in ogni situazione piacevole e non.

Pensiamo ai nostri figli, Dio si è servito di noi per continuare nel mondo la sua opera creatrice.

Pensiamo a tutti gli amici che abbiamo incontrato sul nostro cammino e che hanno condiviso con noi esperienze di gioia, di preghiera e di svago, ma anche di dolore e sofferenza.

Ricordiamo l’entusiasmo iniziale con il quale abbiamo affrontato questa esperienza e insieme la fatica dei primi anni nel conciliare gli impegni di lavoro con la casa, i figli, gli amici e i momenti per noi.

Poi, adagio adagio, abbiamo scoperto che è proprio la fatica quotidiana, nei semplici gesti di ogni giorno, nell’accettarci così come siamo, coi nostri pregi e difetti, che si manifesta l’amore l’uno per l’altro.

Gli anni poi sono passati, le situazioni sono cambiate, problemi nuovi si sono presentati, la famiglia è aumentata e… quanti bei ricordi, ma anche quanti errori, quanti sbagli, quante mancanze d’amore!

Per fortuna il Signore, nella sua grande misericordia, ci perdona sempre e ci è vicino per incoraggiarci e spronarci a fare sempre di più, sempre meglio.

Certo noi vorremmo avere ancora del tempo, ancora molto tempo, per poter arrivare a vivere la nostra vita sempre più in sintonia con la fede, ma…il tempo non è nelle nostre mani, anche il tempo è dono di Dio.

Nel frattempo cercheremo di porre attenzione più alla qualità che alla quantità delle ore da vivere insieme, sperando di festeggiare ancora molti e molti anniversari di matrimonio.

Con gioia, vogliamo condividere questo momento di festa con le altre coppie che festeggiano i loro anniversari, con l’augurio di ritrovarci ancora insieme tra… 50 anni!

Laura e Silvano Tagliabue

 

G.S. MONTESOLARO… FESTA D’ INVERNO 2003

Lasciati ormai alle spalle i cenoni e le abbuffate delle feste, per tutti gli atleti e le atlete del GS Montesolaro sono riprese a pieno ritmo le attività sportive tra allenamenti e partite… e il freddo inverno.

Tutto ciò anche per aiutarci a smaltire le scorpacciate di panettone e pandoro delle feste natalizie… ma neppure il tempo di ritrovare la linea che ci si presenta “un allettante incontro” organizzato dal GS! Eh! Si torna la Festa d’Inverno del GS: esattamente venerdì 31 gennaio, sabato 1 e domenica 2 febbraio la nostra palestra si “vestirà” di festa per questo fine settimana di alta arte culinaria tradizionalmente brianzola.

Ai tavoli potrete gustare dalla polenta con lenticchie, o salame o formaggio, al brasato, alla cazzuola ed altre tipiche specialità che ormai da qualche anno ci vengono proposte proprio in questa festa al centro del freddo inverno!!

È un piccolo assaggio prima della grande Festa della Sport che si terrà, come di consueto, a giugno.. vediamo dunque di non mancare… tutto il GS ci aspetta alla tensostruttura a partire da venerdì 31-01 fino a domenica mezzogiorno del 2-02… e buon appetito a tutti!

Borghi Ursula

 

MONDO CALCIO…

La nuova stagione ormai ha preso piede e come da un paio d’anni esco dal lavoro e corro al campo, mi cambio e si comincia ad assaporare gioie e dolori del mio hobby. Così faccio l’allenatore, l’istruttore, l’educatore: insomma, mi butto in mezzo a una ventina di ragazzi e provo a convogliare positivamente le loro energie, ad aumentare in loro il piacere di giocare al pallone con gli amici. E come me, migliaia di tecnici e di giovani calciatori passano le settimane a correre e sudare, cercando di fare il meglio per la faticosa stagione che devono affrontare. Ma quanto lavoro c’è a monte dell’inizio della stagione? È sufficiente uscire dallo spogliatoio con pettorine in mano e fischietto in bocca, ripescando nella memoria gli esercizi che facevamo noi vent’anni fa, oppure ci vuole qualcosa in più per allenare questi sbarbatelli che ci hanno affidato?

Io sto con quelli che pensano che un allenatore si costruisce nel tempo, aggiungendo continuamente informazioni al proprio bagaglio e alle proprio doti naturali, pure importanti, perciò credo utilissima ogni fonte di informazione tipo un corso, che ti completi, rubriche, libri… tutto quello che si apprende è significativo per un completamento. Un allenatore di settore giovanile, poi, deve avere sempre qualcosa da trasmettere ai suoi allievi, perché se nel mondo del calcio adulto puoi al limite bluffare e rifugiarti nelle circostanze, è immorale e diseducativo prendere in giro dei bambini. Se i dirigenti del G. S. Montesolaro mi affidano una squadra, non devo considerarlo come un semplice materiale da restituire a fine stagione, ma devo capire qual è la filosofia societaria (obbiettivi e aspettative), tipo:

mirano alla crescita o solo risultati? E chiarito col presidente o direttore sportivo il fine si può iniziare a lavorare. Visto che si sa l’obiettivo del G. S., soprattutto nel settore giovanile, va analizzata la rosa per affrontare la stagione: calcolando il freddo, i malanni, le pagelle e taluni casi l’influsso del genitore che castiga il ragazzo, diciamo che castiga anche il gruppo, visto che non gioca da solo, si penalizzano anche i compagni. Perciò suggerirei un dialogo società-ragazzo-genitore, così che tutto possa andare per il meglio. Mi viene il dubbio di averla messa giù pesante e di aver allontanato qualcuno dall’idea di dedicare parte del suo tempo libero a seguire i ragazzini; ma se lavoreremo seriamente e serenamente, le soddisfazioni che i ragazzi ci regaleranno saranno tante.

Chef-Andreasi

 

ANAGRAFE PARROCCHIALE anno 2002

nati in cristo

1.        Arnaboldi Federico

2.        Sancesario Marika

3.        Monguzzi Silvia

4.        Moscatelli Nicolas

5.        Moscatelli Carolina

6.        Princi Riccardo

7.        Molteni Sabrina

8.        Orsenigo Andrea

9.        Valente Francesca Maria

10.    De Marco Sara

11.    Danesi Riccardo

12.    Porro Luca

13.    Porro Camilla

14.    Bossi Giacomo

15.    Nava Eugenio Carlo Maria

16.    Del Pero Giada

17.    Montorfano Giulia

18.    Fontanella Giulia

19.    Mezzanotti Davide

 

uniti in cristo

1.        Longoni Stefano Luigi con Orsenigo Debora Maria

2.        Brenna Michele con Marzorati Stefania

3.        Marelli Massimiliano con Filippini Nadia

4.        Zamaroni GianMarco con Casavola Silvia Paola

5.        Mascheroni Simone con Bossi Paola Maria

6.        Tagliabue Michele con Zappa Loretta

7.        Valtulini Andrea con Bianca Roberta

8.        Napoli Salvatore Antonio con Parisi Daniela

9.        Galotta Massimo con Moscatelli Maria Alice

10.    Di Marzio Paolo con Barbareschi Novella

 

morti in cristo

1.        Stanca Antonio di anni 69

2.        Scarpino Santo di anni 73

3.        Eramo Antonia di anni 89

4.        Porro Arturo di anni 76

5.        Colombo bambina di anni79

6.        Romano Salvatore di anni 71

7.        Chiesa Francesco Giuseppe di anni92

8.        Anania Annalisa di anni 32

9.        Allevi Mario Felice di anni 89

10.    Tagliabue Anna di anni 88

11.    Todarello Maria di anni 71

12.    Lizzi Salvatore di anni 65

13.    Brienza Francesco di anni 78

14.    Proserpio Stefano di anni 91

15.    Cozza Regina di anni 93

16.    Mauri Modesta di anni 52

17.    Allevi Giancarlo di anni 69

 

I MILLE VOLTI DEI CRISTIANI

Nel corso dei secoli ragioni politiche, sociali, economiche aggiunte alle divergenze di carattere teologico e dottrinale determinarono continue fratture all’interno della Chiesa.

Già la comunità cristiana dei primi secoli della nostra era fu animata da discordie sui destinatari del messaggio evangelico: i pagani desiderosi di convertirsi al cristianesimo dovevano prima entrare a far parte della comunità giudaica mediante la circoncisione? In altre parole, Cristo era venuto solo per il popolo eletto o per tutti gli uomini? Il concilio di Gerusalemme diede ragione a Paolo, sostenitore del carattere universale della proposta cristiana.

I secoli IV-VI d. C. furono caratterizzati dai grandi movimenti eretici combattuti a colpi di scomuniche. Essi contestavano la duplice natura divina ed umana di Cristo, che è integralmente Dio (ab aeterno) ed integralmente uomo (dal concepimento nel grembo di Maria), negandone alcuni la divinità (ariani), altri l’umanità (monofisiti), altri ancora il carattere essenziale dell’unione delle due nature (nestoriani). L’ortodossia, cioè la “retta opinione” fu sancita da concili ecumenici, il cui scopo era far chiarezza sulle controversie teologiche o disciplinari ponendo fine a quelle eresie che minacciavano di spezzare non solo l’unità religiosa, ma anche quella politica. I capi della Chiese apostoliche si riunirono per la prima volta a Nicea nel 325 sotto l’egida di Costantino, colui che trasformò l’impero romano in impero cristiano, per servirsi della linfa vitale di una religione che, pur clandestina e perseguitata, non smetteva di raccogliere proseliti. Il testo del simbolo della fede elaborato a Nicea fu integrato in seno al concilio di Costantinopoli (381) con aggiunte che non avevano più una base neotestamentaria, ma erano il frutto delle riflessioni dei teologi. Fu il concilio di Calcedonia nel 451 a chiudere definitivamente, almeno dal punto di vista della formulazione dottrinale, la questione delle due nature di Cristo. Ariani, monofisiti, nestoriani scossero profondamente le fondamenta della Chiesa, “una, cattolica e apostolica”, ma essa riuscì a resistere agli attacchi fondando la sua unità attorno al credo niceno-costantinopolitano.

Ma nell’XI secolo i tempi erano maturi per una rottura definitiva: le ragioni politico-militari che fino ad allora avevano contribuito a tenere uniti i due rami del cristianesimo, la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente, fondati sulla divisione del mondo in impero bizantino, da un lato, ed appendici dei regni romano-barbarici, dall’altro, erano ormai venute a mancare. E fu lo scisma. Attori furono l’ambizioso patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulario, ed il debole imperatore Costantino IX Monomaco, da un lato, Papa Leone IX con il suo braccio destro, il cardinale Umberto, capo degli antibizantini, dall’altro. Oggetto della contesa: questioni dogmatiche e liturgiche. Ciascuna parte puntò su queste ultime per conquistarsi il favore di un’opinione pubblica non avvezza alle sottigliezze dei ragionamenti su Dio. Ma era proprio una questione teologica il terreno dello scontro più aspro. In Occidente il credo era stato integrato con la formula “Filioque” riguardo alla processione dello Spirito Santo, il quale, secondo la dottrina cattolica, “procede dal Padre e dal Figlio”, mentre secondo il credo ortodosso, fedele alla formulazione niceno-costantinopoli-tana, solo dal Padre. Così nel 1054 si consumò la divisione tra le Chiese d’Oriente e d’Occidente, a colpi di reciproche scomuniche.

Ma all’interno della Chiesa d’Occidente nei secoli successivi spirarono venti di rinnovamento: fu un proliferare di movimenti che chiedevano con forza un ritorno alla purezza delle prime comunità cristiane. Lo spirito evangelico ormai languiva, schiacciato dal peso di una gerarchia ecclesiastica percepita non più come il necessario tramite tra l’uomo e Dio, ma come un ostacolo al rapporto diretto e personale di ogni creatura con Colui che le ha dato la vita. Su questo terreno si sviluppò la Riforma che nel XVI secolo oppose cattolici e protestanti. Questo in estrema sintesi il quadro storico.

Ma quale sarà il futuro?

Occorre ripartire dalle radici comuni alla luce dell’amore di Dio che tutti abbraccia, incoraggiando il diffondersi di uno spirito autenticamente ecumenico che ci predisponga all’apertura generosa verso le altre confessioni cristiane. A questo scopo è stata istituita la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani: tra il 18 ed il 25 gennaio siamo chiamati a riflettere su questo tema ed a sostenere con la nostra preghiera gli sforzi necessari per un riavvicinamento tra le Chiese cristiane. Questo è il contributo che ciascuno di noi può dare alla causa dell’unità dei cristiani. Riguardo alle discussioni teologiche, sembra quanto mai urgente affidarsi alle raccomandazioni di Socrate perché il dialogo porti i suoi frutti: nel cammino verso la Verità bisogna chiarire i termini della discussione per non incorrere in equivoci; essere realmente disposti all’ascolto; non barricarsi dietro a pregiudizi, ma lasciare che essi cadano di fronte a valide confutazioni. Solo così, su un terreno sgombro da ostacoli, è possibile ricostruire l’unità perduta.

Tatiana Gammacurta

 

XXV GIORNATA PER LA VITA: 2 FEBBRAIO 2003

C’era una volta la vita...

non che ai nostri giorni non si possa parlare di vita, certo, ma sembra che nel XX secolo questo termine stia assumendo significati un po’ diversi rispetto alla sua intima essenza.

La vita si genera da un atto d’amore, o almeno così è sempre stato, o almeno così si credeva fino a poco tempo fa, quando la ricerca scientifica attraverso la genetica si è attribuita il diritto di appropriarsi del genoma umano e farne oggetto di sperimentazione. La Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo dell’ONU afferma che “il genoma umano è patrimonio comune dell’umanità”, il Vangelo testimonia che la vita è il dono di Dio per eccellenza, tuttavia pare proprio che nell’era contemporanea, quella della modernizzazione e dell’avanguardia tecnologica e scientifica, sia l’uomo a volersi appropriare del segreto della vita e del genoma umano per forgiarlo a suo piacimento.

Il timore più grande dell’umanità in questo periodo della storia è che l’ingegneria genetica, dopo aver dato luogo alla clonazione di una pecora dalle cellule di un animale adulto (tutti conoscono l’ormai famosissima pecora Dolly creata dallo staff del Roslin Institute di Edimburgo), possa essere utilizzata per compiere un’analoga operazione anche per l’uomo. Così come si è giunti a produrre animali biologicamente identici, anche se non sempre riusciti alla perfezione, tuttavia molti ritengono che non sarebbero insormontabili le difficoltà a clonare un uomo.

Quello che più spaventa parte dell’opinione pubblica è l’ipotesi che un giorno o l’altro l’ingegneria genetica giunga a sostituirsi al concepimento, fabbricando l’uomo in laboratorio, in modo del tutto artificiale ed artificioso.

Di fronte a questa impensabile eventualità la Chiesa ribadisce l’origine divina della vita quale dono di Dio e frutto di un atto d’amore e condanna tutte le menti che in preda ad una narcisistica esaltazione alla “dottor Frankestein” tentino di sostituirsi a Dio nel tentativo di creare un essere umano ad immagine e somiglianza di un certo prototipo da essi ideato.

Il 2 febbraio sarà un’occasione particolare per riflettere sulla questione e per ricordare come l’uomo non può arrogarsi il diritto di sostituirsi al suo primo creatore che l’ha forgiato a sua immagine e somiglianza, perché, come ricorda la Curia Vescovile nel messaggio alla diocesi di Milano, “tutte le vite sono del Signore” ed ogni esistenza viene da Lui”.

elena colombo

 

L’AFFIDABILE MARINAIO…

11 Aprile 1963… è un giovedì, il giovedì santo e Papa Giovanni XXIII pubblica uno scritto… quello scritto si chiama “Pacem in terris” e diverrà la richiesta di pace fra gli uomini più accorata, sincera, commovente e coraggiosa della storia… Perché coraggiosa? Perché non era un buon periodo per parlare di pace… il mondo a cui si rivolgeva l’enciclica, era quel mondo che aveva attraversato due guerre mondiali, era quel mondo che aveva visto l’affermarsi di sistemi totalitari devastanti, era quel mondo che, una bella mattina del 1961, si era svegliato e aveva scoperto l’esistenza di un muro che era sì a Berlino, ma in un modo sottile e deleterio divideva l’umanità intera… il mondo a cui si rivolgeva l’enciclica era un mondo che si trovava sull’orlo di una guerra nucleare per la crisi dei missili a Cuba… e allora ci vuole coraggio a parlare di pace ad un mondo così, ci vuole coraggio a parlare di pace ad un umanità che ha visto scorrere davanti a sé solo guerre o, almeno, è solo di quelle che si ricorda…

Vedete, io credo sia molto difficile cercare di vivere secondo qualcosa che non si conosce, anelare a qualcosa che è passato nelle proprie vite come una chimera.

Nel 1963 gli uomini avevano conosciuto la pace solo per pochi istanti, l’avevano incontrata fra le due guerre per pochi anni, poi persa di nuovo. È difficile conoscere a fondo “qualcuno” che se ne va e viene così velocemente, un po’ come un marinaio… l’attimo prima è lì e quello dopo una tempesta o semplicemente la sete d’avventura se lo portano via. Oggi, nel mondo in cui viviamo noi, quel marinaio è diventato affidabile, è diventato qualcuno su cui poter contare… oggi, per la maggior parte dei popoli della terra, quel marinaio è diventato un punto fermo in grado di donare serenità ed equilibrio… e allora mi chiedo come sia possibile voler lasciare andare qualcosa di così bello, mi chiedo come sia possibile voler allontanare da sé “qualcuno” che ci dona gioia e tranquillità… mi chiedo come sia possibile essere arrivati ad un traguardo così immenso, essere riusciti a catturare una chimera, essere riusciti a domare un marinaio e non volerlo accanto a sé per sempre…

raffaella formenti

 

FRATELLI D’ITALIA

Com’è noto i simpaticissimi “vu cumprà” trapiantati nelle nostre città, che lavino i parabrezza delle automobili, vendano Luis Vuitton “taroccate” o collanine dai poteri taumaturgici, chiamano “fratello” il potenziale acquirente per approcciare al meglio. E ciò non succede solo con i pigmentati d’ebano, ma anche, in buona misura, con chi crede in Allah, venga o meno dall’Africa nera.

Per questi ultimi purtroppo, e sottolineo il “purtroppo”, tale appellativo ha, quasi sempre, valenza unicamente “commerciale”, di facciata quindi. Nei fatti, l’intolleranza cultural-religiosa, e sottolineo cultural-religiosa, verso di noi che li ospitiamo ai confini della legalità è sempre strisciante, estrinsecandosi poi apertamente nei loro luoghi di culto.

Questa realtà è stata denunciata con toni più o meno aspri da altri Prelati della Chiesa Italiana e toccata velatamente anche dallo stesso Papa Wojtila il quale, in un suo recente discorso pubblico, ha predicato ampia apertura verso i “fratelli”, qui sì in senso “letterale”, mussulmani ma ha anche esortato questi ultimi ad osservare le leggi del nostro Paese e della umana Civiltà.

Un giurista tradurrebbe queste accorate e cristiane parole del Successore di Pietro appellandosi al Diritto Internazionale ed al cardine su cui esso si regge, ovvero il principio della “reciprocità”. Vale a dire, usando un linguaggio spiccio, “ciò che io ti garantisco nella mia nazione, deve essermi garantito anche nella tua”. Cosa che accade molto raramente, per usare un eufemismo, visto che in Italia le Moschee possono proliferare senza particolari ostacoli, mentre non mi pare che l’Arabia Saudita o il Sudan pullulino di Chiese cattoliche…

Certo, bisogna oggettivamente comprendere quanto la Lex mussulmana sia piena di commistioni con la Lex coranica, ma questa non può essere una valida scusa bensì una chiara contraddizione, soprattutto se si pensa che viviamo in un periodo storico all’interno del quale praticamente tutti gli Stati devoti di Allah fanno parte, a buon diritto, peraltro, dell’O.N.U. dove il Diritto è, deve essere, uno solo, laico e libero da pesanti condizionamenti religiosi.

Tornando alle “questioni” di casa nostra è necessario fare anche un po’ di autocritica, seguendo proprio le parole del Papa. Al bando stupide “prevenzioni” verso chi prega rivolto alla Mecca. Dietro tale e triviale atteggiamento si celerebbe solo il più bieco razzismo che ci farebbe malati proprio di quell’ottuso “complesso di superiorità” che aspramente loro critichiamo.

Cosicché al “fratello” pronunciato dai mercanti di strada del terzo millennio si possa anche noi rispondere un “fratello” nel più puro spirito evangelico. Cosicché al “fratello” dei mussulmani si possa anche noi ribattere con un “fratello” scevro di inutili e dannosi pregiudizi mentali.

Ad Allah piacendo, s’intende…

Ruggero Fumagalli

 

“TROVA IL TEMPO”

Trova il tempo di riflettere

è la fonte della forza.

Trova il tempo di giocare,

è il segreto della giovinezza.

Trova il tempo di leggere

è la base del sapere.

Trova il tempo d’essere gentile,

è la strada della felicità.

Trova il tempo di sognare,

è il sentiero che porta alle stelle.

Trova il tempo di amare,

è la vera gioia di vivere.

Trova il tempo d’esser contento,

è la musica dell’anima.

(Antica ballata irlandese)