Iniziando
l’Avvento, tempo liturgico forte ed importante, vorrei che la Comunità
cristiana di Montesolaro fosse attenta e capace di coglierne i contenuti e le
proposte per un cammino generoso sulle strade della propria santificazione,
tutta tesa alla contemplazione del volto di Cristo e capace di aiutare i
fratelli a raggiungere questo traguardo.
Il
nostro Arcivescovo, incontrando noi parroci lo scorso 24 ottobre, ha richiamato
la necessità di comprendere e di vivere questo tempo nel suo profondo
significato, nella ricchezza dei suoi contenuti religiosi.
Ci
ha detto che cuore dell’Avvento è la visita del Signore al suo popolo. Una
visita che deve concretizzarsi nella interiorità di ogni singola persona. Una
visita che non può che essere grazia ed impegno: una grazia ed un impegno da
rendere attuale attraverso l’esercizio della speranza.
La
speranza - ci ha detto - è virtù necessaria al mondo e alla società di oggi
perché il mondo e la società di oggi sembrano aver perso le ragioni profonde
del proprio vivere.
Ha
sottolineato ancora l’Arcivescovo: "Rivivere l’attesa del Signore
coltivando la speranza: questo è quanto chiede il tempo liturgico
dell’Avvento". Gesù, è l’atteso per eccellenza; è Colui che colma in
modo pieno e completo di speranza l’uomo di oggi. Gesù viene per tutti; viene
anche per chi non lo attende.
Il Natale celebra il mistero dell’incarnazione
del Verbo.
Dio
viene di persona nel nostro mondo. L’attesa della Sua venuta esprime
l’anelito per un incontro che vuole essere di festa e di gioia. Apre alla
speranza di un futuro che si vuole migliore. Questa speranza va riaccesa perché
è proprio nella speranza che ognuno gioca la propria vita quotidiana. Purtroppo
molti oggi non hanno più speranza. "Ed è per questo - dice ancora
l’Arcivescovo - che ho deciso di scrivere una Lettera sul tema della speranza.
La indirizzo a tutte le famiglie nella gioiosa circostanza di questo Natale
2002". Ha raccomandato poi alcuni appuntamenti propri e particolari di
questo periodo liturgico:
1.
La
Visita alle famiglie
per la benedizione in occasione del Natale assume oggi un carattere decisamente
missionario. È gesto significativo di evangelizzazione; come un prolungamento,
quasi una eco della visita di Gesù a noi. E il gesto della benedizione compiuto
in ogni casa è augurio ai componenti per accogliere Gesù, la vera nostra
benedizione. Accogliere la persona di Gesù è gesto che si configura come
risposta a quel bisogno di speranza tanto necessario e presente nei cuori dei
fedeli. Gesù è la nostra vera unica speranza.
2.
L’invito
a preparare un presepe in ogni casa,
in ogni famiglia. Questo del presepe è gesto piacevole e concreto che aiuta a
penetrare e comprendere un poco di più il mistero della nascita del Salvatore.
Invitare le famiglie della parrocchia ad allestire al loro interno presepi e
favorirne lo sviluppo è azione pastorale da incoraggiare e promuovere.
3.
Ogni
pastore nella sua comunità si preoccupi di organizzare e di sostenere la
Novena del Santo Natale. Attingendo dalla liturgia dei giorni precedenti il
Natale, si preparino con cura piccole ed intense celebrazioni, coinvolgendo
ragazzi nella preghiera devota e meditativa. E con loro anche gli adulti, perché
grande è il mistero del Signore che nasce. La novena del Natale dovrà acuire
il fatto dell’attesa della venuta del Signore e dovrà farci sentire che Colui
che viene è il nostro vero Salvatore, il centro di tutta la storia e della vita
di ciascuno di noi.
4.
Non
manchi nel tempo liturgico dell’Avvento l’impegno
e la testimonianza della carità. Ci si prepara al Natale non chiudendo il
cuore nello sterile egoismo, nel proprio meschino interesse, alla ricerca di
personali consolazioni e comodità, ma ci si prepara aprendoci agli altri, con
attenzione soprattutto ai fratelli meno fortunati, quelli, e sono tanti, che
necessitano di aiuto e di sostegno, quelli accanto a noi come quelli lontani,
quelli che comunque lanciano appelli di bisogno e che per noi sono prossimo da
amare in modo specialissimo.
Questi
pensieri ci ha ricordato l’arcivescovo. Noi li traduciamo in una sorta di
impegni che vogliamo generosamente vivere in questo periodo di Avvento. Perciò
con i responsabili dei Gruppi Liturgico-Caritas-Missionario abbiamo deciso di
suggerire alla Comunità queste concrete iniziative.
Sulla
preghiera che tra l’altro è il tema pastorale di quest’anno, si propone:
§
La
ripresa del mandato della Missione Popolare celebrata quest’anno nei mesi di gennaio-febbraio nella nostra
Comunità. Questo era il mandato conclusivo: "Perseverare nell’ascolto
della Parola per riconoscere, celebrare e rendere visibile l’amore di Gesù".
In concreto ci impegniamo a: riscoprire il valore della preghiera quotidiana
personale e familiare; frequentare i Gruppi di Ascolto; vivere con più coerenza
la Messa della domenica; celebrare il sacramento della Riconciliazione con
regolarità; coltivare le relazioni e la comunione tra noi; favorire un maggior
impegno di presenza dentro e fuori la Comunità parrocchiale.
§
La
recita delle Lodi mattutine
che si trovano sulla "Laus diurna" il mattino.
§
L’utilizzo
dei libretto "La Parola ogni giorno. - Sia santificato il tuo nome".
Il libretto sarà in distribuzione all’inizio dell’Avvento in fondo alla
Chiesa.
§
L’impegno
concreto che ogni settimana verrà suggerito e pubblicato sul foglio delle
iniziative.
§
La
recita della preghiera di benedizione della mensa a pranzo e a cena in famiglia.
§
La
partecipazione alla Messa del venerdì sera che potrebbe diventare "la Messa del cuore". Invito
soprattutto adolescenti e giovani a curare i riti celebrativi ed i canti.
A proposito del presepe in Chiesa suggerisco il sorgere, in questo mese di novembre, di un gruppo che assuma l’iniziativa ed il compito di realizzarlo in chiesa parrocchiale. Sostenere la realizzazione del presepe è affermazione di cultura religiosa, è occasione di meditazione sul mistero della nascita di Dio in mezzo a noi.
Affido
a Suor Donata, in collaborazione con le catechiste, di preparare per tempo la
Novena del santo Natale, alla cui partecipazione è bene intervengano i ragazzi
ed i genitori che possono.
Ed
infine ricordo che la Giornata della Carità è fissata per la quinta di
Avvento, domenica 15 dicembre. Ai ragazzi verrà consegnato un salvadanaio che
sarà ritirato con i soldi messi da parte, frutto di rinunce e di generosa carità,
appunto in questa domenica. Assieme alla decima che la Grande comunità vorrà
offrire, il ricavato andrà a favore dei poveri del Libano, dove Suor Donatilla,
nostra parrocchiana, sta svolgendo la sua missione di religiosa.
Una
citazione ha più volte rimarcato il cardinale Tettamanzi nel corso
dell’omelia tenuta in occasione del Suo solenne ingresso in diocesi domenica
29 settembre 2002. Rileggendo in chiave attuale il messaggio evangelico "ama
il prossimo tuo come te stesso" il presule ha affermato “ama
la parrocchia altrui come la tua". Lo ascoltavano i più alti
responsabili della politica, i vescovi lombardi, i vari vicari episcopali, i
decani della diocesi milanese e la moltitudine della gente che gremiva le navate
del duomo di Milano. L’insistenza dell’Arcivescovo su quel pensiero sta a
significare l’itinerario prossimo tracciato per le realtà locali ambrosiane,
chiamate ad allargare i loro orizzonti, ad impegnare le energie non più nei e
per i ristretti confini delle singole parrocchie, ma ad "avere un respiro
più ampio per un innalzamento globale della pastorale”. A grandi passi ci si
sta avvicinando a quelle unità fra parrocchie alle quali già da tempo ci
stanno preparando i documenti ed iniziative scaturite al più alto livello
diocesano. In questa ottica il decanato assume un diverso valore ed in un futuro
ormai imminente bisognerà confrontarsi sempre di più con questa
"nuova" entità territoriale, pensando ad azioni rivolte ad un numero
maggiore di fedeli operanti nelle singole parrocchie che insieme costituiscono
appunto il "distretto decanale".
Il
decanato di Cantù-Mariano cammina, pur fra difficoltà ed a volte
incomprensioni, in questa prospettiva, partendo proprio dalla base, dandosi cioè
degli appuntamenti collettivi. Sarà anche una banalità ma dallo scorso
settembre si lavora su un calendario comune per tutte le 25 parrocchie: ogni
singola comunità ne è in possesso per poter gestire nel modo corretto le sue
proprie attività e cercare di dare spazio agli impegni programmati a livello
decanale. Qualcuno obietterà che lo stilare "solo" un’agenda può
essere sintomo di mancanza di creatività, ma ciò, in questo caso, non
corrisponde alla realtà, perché pianificare impegni e scadenze collegiali,
senza urtare con quelli già in pista nelle singole parrocchie, non è atto
semplice. Il compito del decanato però non può ridursi e fermarsi
nell’ufficializzare in un foglio di carta i riepiloghi degli impegni per orari
e giorni; occorre come giustamente afferma Don Luigi "investire il tempo
nella formazione, avere il coraggio di scegliere per migliorare la qualità
delle nostre iniziative". In questa nuova panoramica rientrano anche, ma
non solo, le scuole diocesane per operatori pastorali, le cosiddette SDOP,
allestite da un po’ di tempo a questa parte anche nel nostro decanato.
Sono
dei corsi tenuti da relatori preparati e, sotto la responsabilità di alcuni
presbiteri, aiutano i fedeli che desiderano partecipare a maturare una nuova
coscienza per stare al passo con le mutate esigenze volute da una pastorale che
si deve confrontare con le nuove necessità.
Ministri
straordinari dell’Eucaristia, operatori della pastorale sanitaria, laici
impegnati in politica, educatori per gli oratori: queste alcune delle
"scuole” già attivate nel nostro comprensorio di Cantù-Mariano. Sono le
prime iniziative attuate concretamente dal Consiglio Pastorale Decanale e
l’adesione dei fedeli si può ritenere soddisfacente. Non mancano le occasioni
per coloro che intendono impegnarsi e mettere, un domani, le conoscenze
acquisite mediante queste "scuole", a disposizione delle singole
comunità di provenienza.
Sul
numero 59 del 27 maggio 2001 di questo bollettino è apparso un articolo
intitolato: “Finalmente sta nascendo il
GAG”. Nell’articolo venivano elencate in modo dettagliato le motivazioni
che hanno spinto alla creazione del gruppo e le fasi che ne hanno caratterizzato
la nascita e i primi passi.
Da
allora ogni mese abbiamo cercato, attraverso altri articoli, di fare un po’ di
cronaca dei vari avvenimenti legati alla vita del gruppo e di invitare giovani e
adolescenti alle varie iniziative. All’inizio di un nuovo anno pastorale ci
sembra importante fare il punto della situazione, richiamando le linee guida e
informando la comunità su cambiamenti e novità che hanno caratterizzato
l’anno pastorale appena trascorso.
Innanzitutto
è importante ricordare lo stile del gruppo: il GAG deve essere considerato come
una sorta di “contenitore", all’interno del quale, giovani e
adolescenti hanno lo spazio per mettere in comune le esperienze che derivano
dalle varie realtà parrocchiali alle quali ognuno partecipa: catechesi,
animazione in oratorio, gruppo sportivo, ecc. e le esperienze personali vissute
al di fuori della realtà parrocchiale. Ovviamente il gruppo è aperto anche a
tutte le persone che non hanno un impegno specifico all’interno della
Parrocchia.
Nell’ottobre
del 2001 all’interno de GAG, alcuni giovani si sono assunti il compito di
programmare il calendario delle iniziative, organizzare i vari momenti e
rendersi responsabili nei confronti degli adolescenti, accompagnandoli nel
cammino proposto. Questa “commissione
organizzativa" è stata battezzata TEAM (che significa squadra) e viene
proposta ai giovani a partire dai 19 anni. Il TEAM si incontra mensilmente per
la verifica delle iniziative proposte, la pianificazione dei vari momenti che
caratterizzano la vita del GAG e per la suddivisione dei compiti.
Quest’anno
è stato deciso di individuare un responsabile per ogni ambito organizzativo. In
questo modo le persone interessate hanno potuto scegliere di occuparsi delle
attività più consone alle proprie attitudini. Ci sarà un responsabile per
l’organizzazione delle cene del venerdì sera, per la S. Messo del venerdì,
per i rapporti con il Bollettino Parrocchiale, per avvisi e volantini, per la
comunicazione con il sito internet della parrocchia (www.montesolaro.it), per il
cammino di preghiera, per le gite, ecc. La persona responsabile, dovendosi
occupare della stessa mansione per un lungo periodo (tutto l’anno pastorale),
sicuramente accrescerà la propria “specializzazione" ed efficienza
nell’organizzazione a vantaggio della qualità delle proposte.
Il
lavoro di questi responsabili è semplicemente di tipo esecutivo, tutte le
decisioni infatti vengono prese durante gli incontri del TEAM e successivamente
le varie proposte vengono presentate al Consiglio d’Oratorio.
Durante
la revisione del Progetto Educativo, che verrà attuata nel corso di
quest’anno pastorale, l’organizzazione del GAG verrà analizzata e valutata
dalla commissione competente e il gruppo entrerà a far parte in modo più
organico della vita della nostra parrocchia.
Le
iniziative sulle quali verrà basato il cammino del gruppo per l’anno
pastorale 2002/2003 saranno sostanzialmente le stesse dell’anno precedente,
l’impegno del gruppo sarà quello di coinvolgere maggiormente le persone più
lontane dalla realtà dell’oratorio.
Ci
sembra giusto ringraziare tutte le persone che hanno reso possibile la
realizzazione delle varie iniziative proposte fino ad ora e chiedere l’aiuto
di tutti quelli che hanno a cuore l’educazione di giovani ed adolescenti per
la realizzazione delle iniziative che verranno proposte in futuro.
Concludiamo
segnalando che il primo appuntamento del GAG per quest’anno sarà la cena di
venerdì 8 novembre.
Il
programma è quello già collaudato: S. Messa ore 19.00, cena in oratorio ore
20.00. Dopo cena si terrà un momento di verifica dell’anno concluso e
verranno raccolte proposte e suggerimenti per il cammino del nuovo anno
pastorale.
All’inizio
di quest’anno pastorale Mons. Severino Pagani, Delegato Arcivescovile della
Pastorale Giovanile della nostra Diocesi, ha ricordato 3 aspetti importanti sui
quali basare il cammino spirituale delle nostre comunità giovanili: riscoprire
Gesù, creare occasioni di vita comunitaria, ricordarsi dei poveri. lo penso che
il GAG potrebbe diventare un’ottimo strumento per raggiungere questi
obiettivi.
Con
l’inizio del nuovo anno pastorale sono riprese tutte le attività della nostra
parrocchia ed anche il Consiglio d’Oratorio (C.d.O.) ha programmato gli
incontri mensili per questo nuovo anno.
Il
Consiglio d’Oratorio vigente è al suo secondo anno di lavoro e collaborazione
insieme, infatti lo scorso anno è stato rinnovato con gli altri organi
pastorali. Ma la comunità parrocchiale conosce le funzioni, le caratteristiche
e la composizione del C.d.O.? Forse per tutti è necessario dare alcune notizie
generali su questo organismo parrocchiale, proposto per organizzare e regolare
la vita degli oratori, notizie che prenderò anche dallo statuto del C.d.O.
che cos’è il
c.d.o.?
Nel
sinodo 47° il C.d.O. è descritto come strumento fondamentale per la
collaborazione di educatori, animatori e genitori; per il coordinamento e per
l’organizzazione tecnica ed economica e per la comunicazione con gli altri
gruppi.
quali sono gli
obiettivi?
Tenendo
come validi motori la catechesi, la preghiera e la testimonianza, guidato da
corresponsabilità, continuità e servizio, il C.d.O. si propone di verificare,
modificare e ritoccare il progetto educativo, analizzando i percorsi, cogliendo
le dinamiche giovanili ed indicando nuovi itinerari educativi. Come obiettivo
basilare il C.d.O. deve coordinare gli impegni della comunità oratoriana,
favorendo i collegamenti e la collaborazione con le altre realtà e verificando
le attività svolte. Ovviamente deve curare il passaggio delle informazioni e
deve favorire la comunicazione al suo interno e alla comunità.
com’è composto?
Il
C.d.O. dura 5 anni e si ricostituisce con la rielezione del Consiglio Pastorale.
Questo passaggio è avvenuto lo scorso anno; alcuni membri sono gli stessi del
primo ciclo, altri sono nuovi. I membri sono designati dalle realtà che
rappresentano, realtà collegate all’educazione ed alla crescita dei ragazzi:
animatori, catechisti, responsabili sportivi, gag, gestione bar oratorio, azione
cattolica, scuola materna, caritas; di diritto poi ci sono il Parroco ed il
rappresentante della comunità di religiose presente nella nostra parrocchia.
All’interno del C.d.O. si nominano un Presidente, una Segretaria ed un Economo
che hanno specifici compiti all’interno del gruppo stesso. Il C.d.O. si trova
normalmente una volta al mese ed in alcuni casi viene convocato in seduta
straordinaria, i temi trattati sono sempre evidenziati sul foglio degli avvisi
precedente la seduta. Forse sono notizie già conosciute o forse a qualcuno
possono anche interessare poco, ma è giusto che la Comunità Parrocchiale
conosca anche il C.d.O., visto che l’Oratorio stesso è parte integrante e
fonte della stessa. E per questo secondo anno posso augurare al C.d.O. di fare
un buon lavoro con la consapevolezza che tutti i membri svolgono un servizio per
il bene del nostro Oratorio e la certezza che ogni singola realtà collabori
affinché le proposte siano davvero valide. Buon cammino e buon lavoro C.d.O!
La
prima pietra è stata posata. In queste prime settimane di novembre è infatti
iniziata la costruzione del dispensario nella missione in cui opera suor
Mariangela. Siamo ormai giunti alla conclusione dell’Operazione
S.O.S. 2002 - Se lo dici TU - che ha visto impegnata la nostra
parrocchia per questo anno. Come detto il nostro aiuto è stato indirizzato a
contribuire al finanziamento della costruzione di un nuovo dispensario per la
missione di Buldipocur.
In
questo anno di attività abbiamo imparato a conoscere il Bangladesh e la
situazione di povertà che caratterizza questo paese dell’Asia. La nostra
parrocchiana Mariangela Colombo sta svolgendo il suo servizio proprio in mezzo
ai poveri di questa regione. Durante l’anno sono state fatte molte attività
che hanno avuto come fine ultimo il cercare di far crescere una coscienza
missionaria. Dai mercatini ai campi di lavoro l’intento è stato di conoscere
la realtà in cui vive la popolazione del Bangladesh e cercare attraverso loro
di comprendere la necessità urgente che abbiamo di allargare i nostri
orizzonti, racchiusi troppo spesso nel nostro piccolo orticello, senza vedere i
bisogni dell’altro.
Anche
l’obiettivo economico che ci eravamo prefissi è stato raggiunto. Abbiamo
infatti raccolto i 30 milioni di lire (15.493,71 euro) che contribuiranno alla
costruzione del dispensario.
Ma
eccoci comunque pronti a iniziare un nuovo cammino di carità: la nuova proposta
Operazione S.O.S 2003. Quest’anno il tema dell’iniziativa
riprenderà per la prima parte il logo dell’oratorio, aggiungendoci però una
frase: qui
per te, là con loro. Se come presupposto poniamo la necessità di
essere qui con Gesù, nella preghiera e nel nostro operare, non possiamo che
avere come conseguenza la spinta a lavorare anche per chi non è qui vicino a
noi. L’insegnamento di Gesù, ma anche le indicazioni che ci vengono dal
ministero, ci indicano la strada verso un chiesa missionaria, una chiesa che
pone al centro Gesù che si rivela attraverso il volto dei poveri. Ecco ciò che
vogliamo capire con la proposta di quest’anno: dalla preghiera
l’insegnamento per la costruzione di una coscienza missionaria. Con questa
proposta andremo ad aiutare la nostra parrocchiana suor Fiorina, che opera in
Libano. Il bisogno che ci hanno segnalato e che contribuiremo a soddisfare è il
progetto di costruzione (ricostruzione dopo la distruzione durante la guerra) di
una scuola. Nei prossimi numeri del bollettino cercheremo di spiegare in modo
dettagliato la proposta di aiuto e anche la situazione del Libano.
Durante
l’anno saranno proposti diversi momenti in cui ciascuno potrà dare il proprio
contributo. Quello che possiamo dire ora è che ciascuno si senta parte di
questo cammino che la nostra parrocchia propone e venga stimolato in questo
senso a partecipare ma anche a proporre iniziative con queste finalità.
Piccolissima,
beniamina, aspirante, giovanissima fino ad essere delegata e propagandista della
Pieve.
Termini
che suonano male oggi... Cosa vogliono dire?
Eppure
colei che vi parla è una vostra compaesana che ha vissuto a Montesolaro 23 anni
della sua vita. Mi chiamo Fiorina e provengo dal ceppo dei Tagliabue di
Montesolaro. Da piccola e da giovane appartenevo all’Azione Cattolica vivendo
tutte le tappe che il cammino proponeva.
Sotto
la saggia guida, ferma e lungimirante del nostro parroco Don Vittorio Bonacina,
di venerata memoria, e la bontà dinamica di quel sant’uomo che fu Don Antonio
Brambilla, i grandi ideali germogliavano in cuore e noi giovani ci sentivamo
appassionati e sospinti a viverli con entusiasmo e gioia.
All’oratorio
c’era una biblioteca e tutti eravamo avidi del sapere, leggevamo molto.
A
me piacevano molto le piccole riviste missionarie e ricordo che il giorno della
Santa Infanzia andavo a ruba di libricini o di giornaletti che parlavano dei
missionari. Scoprivo figure di donne e uomini che lasciavano tutto per andare in
terra di missione per dire le cose di Gesù.
Provavo
ammirazione e stupore per loro, ma l’idea di farmi suora la scartavo sempre,
senza mai chiedermi il perché. Pur dentro un’intensa attività apostolica
c’era in me un’insoddisfazione di fondo. Passai un periodo di sofferta
ricerca ma dentro questa sofferenza si profilava sempre più nitido il progetto
di Dio su di me.
Lo
spazio in cui vivevo mi appariva troppo piccolo e cercavo orizzonti più ampi.
Un
giorno vennero a bussare alla porta due suore che facevano la questua (cioè
chiedere offerte per la missione). Mia mamma offri loro il pranzo e poi si
congedarono lasciando dei giornaletti e un bel libro. Tornando dal lavoro
guardai questo materiale e vidi che erano suore missionarie col nome di “Suore
di Nostra Signora degli Apostoli”.
In
segreto, una domenica decisi di andare a Bardello, in quel di Varese, dove
c’era il noviziato di queste suore, dicendo ai miei genitori che andavo alla
Cattolica di Milano per i miei corsi di propagandista.
Incontrai
tante giovani piene di gioia e di entusiasmo per aver abbracciato questo ideale.
La formatrice delle novizia mi parlò dell’Africa e dei bisogni immensi del
popolo africano. Mentre ascoltavo rimasi colpita dalla loro qualità di vita,
del loro modo di essere, del loro stile semplice e gioioso, della loro passione
per Gesù e per la missione.
Ed
è cosi che il 22 agosto 1958 lasciai la famiglia, con sofferenza ma con le
certezze che il Signore poteva colmare quel vuoto che lasciavo.
Dall’agosto
1958 a marzo 1961 fu tempo di noviziato. Formazione e convalida della vocazione.
Marzo
1961
Prima professione.
1961/1969
Periodo di studi: scienze umane e religiose.
1969
Partenza
per il Libano in nave.
La
mia prima esperienza in Libano è stata vissuta in un atteggiamento di stupore.
Incontrai un popolo pluriculturale, plurietnico, pluriconfessionale, ma
armonizzato dalla convivialità e tolleranza. Nel 1969 vi fu l’irruzione dei
palestinesi armati, da allora la situazione cominciò ad aggravarsi. I campi dei
rifugiati palestinesi si trasformarono in campi di concentramento. Con
l’invasione siriana nel 1976 cominciarono i massacri, le atrocità e le
devastazioni.
Settembre
1982: Rientro in Italia per un servizio alla Provincia Italiana e con un impegno
di amministrazione missionaria nelle diocesi di Milano per ben 14 anni. Ero
residente ad Airuno, provincia di Lecco, e il mio servizio di A.M. si estendeva
su tutta la zona di Lecco, rimanendo sempre disponibile agli appelli del Centro
Missionario Diocesano.
Durante
questa permanenza in Italia ho vissuto eventi importanti.
Nel
novembre 1984 fui inviata in Ciad (Africa) per tre mesi con lo scopo di prendere
coscienza della situazione nella quale vivevano e operavano le nostre suore,
portare direttamente degli aiuti e dare una mano nel lavoro di assistenza e di
soccorso immediato. Da anni il Ciad era colpito dalla siccità e dalla guerra.
Nell’arco
di questi 14 anni ritornai ancora in Ciad, poi fui mandata in Algeria per un
mese.
Nel
1986 ho celebrato il 25° di Consacrazione Religiosa nell’istituto Missionario
di Nostra Signora degli Apostoli nella Chiesa parrocchiale di Airuno e
successivamente nella mia chiesa di Montesolaro.
Gennaio
1995: nuova partenza in Libano.
Il
servizio a cui ero chiamata non era ben definito e mi sembrava che mi
chiedessero qualcosa di superiore alle mie capacità. Provavo un certo timore
nell’affrontare questa nuova missione. "Ti
basta la mia grazia… la mia forza si manifesta nella tua debolezza".
Queste parole di S. Paolo ai Corinzi hanno rinnovato la mia fede e attenuato i
miei timori… e cosi partii.
22
agosto 2002: quarantaquattro anni di vita consacrata.
Nella
chiesa parrocchiale dove sono nata, battezzata e cresciuta, ho potuto dire
grazie al Signore per il dono grande e meraviglioso della vocazione religiosa,
per il dono della sua fedeltà e del suo amore. Momenti di gratitudine, lode,
commozione mi hanno abitato e dentro di me è sorta una domanda: "Signore,
da questa comunità sorgeranno ancora delle vocazioni missionarie affinché il
Tuo nome sia conosciuto in ogni angolo della terra e tutti possano godere della
certezza di essere amati da un Padre infinitamente buono?"
Ancora
oggi Gesù ci invita come un giorno ha fatto con i giovani della Palestina: "Vieni e seguimi - prendi il largo - ti farò pescatore di
uomini… E gettate le reti lo seguirono".
Mi
auguro di cuore che qualche giovane possa dire come Maria e come gli Apostoli: “Eccomi Signore".
Questo
è il mio augurio e la mia preghiera per ciascuno di voi.
Il
4 novembre si festeggia S. Carlo Borromeo. Questa figura di religioso ha tanti
"buoni motivi" per essere ricordato e celebrato, soprattutto dai
milanesi, dei quali fu vescovo per molti anni.
La
sua è una biografia interessante da ripercorrere perché rispecchia una vita
vissuta intensamente dedicata allo studio prima ed all’apostolato poi,
un’esistenza significativa che ha lasciato molti segni sia nella sua diocesi
che tra gli Spirituali che ebbero la fortuna di incontrarlo.
Nativo
di Arona, (1538) Carlo vanta una discendenza di illustri parenti ecclesiastici,
ad esempio lo zio, niente meno che papa Pio IV, che dopo gli studi religiosi lo
proclamò cardinale e poi vescovo di Milano, in cui si dimostrò un autentico
"pastore del gregge" della diocesi.
Secondo
figlio del conte Borromeo, fu un uomo di grande umiltà e spiccata intelligenza,
fin da piccolo la famiglia lo mandò a Milano, che poi diventerà la sua città
d’elezione, per ricevere una solida educazione culturale.
Carlo
sembra che fin da giovane avesse manifestato i segni della futura vocazione,
tanto che alla tenera età di 12 anni ricevette la tonsura degli Ordini Minori e
ne indossò la tunica. In quegli anni era un giovane devoto allo studio della
lingua latina ed alla lettura delle Sacre Scritture, finché a 15 anni poté
frequentare l’università di Pavia e dedicarsi agli studi giuridici di diritto
canonico.
Il
1560 fu un anno decisivo per il Borromeo perché fu chiamato a Roma dallo zio
neoeletto papa Pio IV che poco tempo dopo lo nominò cardinale e suo legato a
Bologna, in Romagna, poi protettore del Portogallo, dei cantoni cattolici della
Svizzera e dell’ordine dei Carmelitani.
Stando
a contatto con la corte romana, ne constatò la corruzione, l’esiguo impegno
apostolico e religioso, nonché la poca moralità, tendenze che egli condannò
soprattutto coi fatti, predicando la carità e l’umiltà e con la denuncia
degli abusi di parte del clero.
Proprio
tra il clero diffuse la sua saggezza ed il suo patrimonio Culturale, portò
un’ondata di rinnovamento soprattutto tra le lettere ed istituì in Vaticano
l’accademia letteraria. Nell’Accademia tenne numerose conferenze e lezioni e
parte del loro contenuto ci è stato tramandato negli scritti delle Notti
Vaticane.
Una
delle sue attività più fervide la svolse durante il Concilio di Trento, che
presiedette per alcuni anni nel 1562 con l’intenzione di attuare una riforma
spirituale della Chiesa a tutti i livelli. Si adoperò per far tornare la Chiesa
alla semplicità ed alla religiosità autentica delle origini ed istituì dei
seminari per l’adeguata preparazione dei preti e dei vescovi. La sua azione
benefica da Roma passò poi a Milano, dove nel 1563 fu nominato arcivescovo.
Si
dedicò con passione alla diocesi milanese e ne rinnovò la spiritualità
applicando le riforme stabilite nel Concilio di Trento. Infatti in poco tempo
diffuse il nuovo Catechismo, il breviario rinnovato e lesse e commentò la nuova
liturgia. Un’ondata di rinnovamento rivitalizzò le chiese del milanese e si
diffuse in tutti i settori, dall’apostolato all’assistenza ai malati ed ai
poveri della città.
Come
S. Francesco, anche S. Carlo, sebbene nato da famiglia aristocratica, scelse una
vita all’insegna della semplicità e della devozione, si adoperò per la
creazione delle mense dei poveri, visitò gli ospedali e ne migliorò
l’organizzazione, cercò in tutti i modi di alleviare la miseria nella città
dando un esempio di instancabile virtù. Inoltre, uomo di profonda cultura,
promosse l’educazione religiosa della gente, a tal fine fondò la
Confraternita della dottrina cristiana e le scuole domenicali, poi aprì i
seminari, ad esempio il Seminario Maggiore, per la formazione del clero e dei
catechisti che sarebbero diventati i suoi collaboratori nell’avvicinare il
popolo alla liturgia.
Per
tutto il periodo del suo mandato Borromeo continuò nel suo impegno sociale ed
umanitario creando ospedali e luoghi di assistenza per i poveri, e la
riconoscenza da parte della città di Milano continua fino ad oggi e celebra il
ricordo del santo ogni anno, nell’esposizione all’interno del Duomo degli
enormi telari che raffigurano i momenti più importanti della sua vita.
C’è
poi la grandiosa statua dedicata al santo edificata sul colle di Arona, nota
come statua del "San Carlone" a ricordare i natali del Borromeo, che
infatti nella cittadina nacque e celebrò la sua prima messa. La statua ha
dimensioni gigantesche tanto che è visibile anche dal lago ed è diventata il
simbolo della grandezza di un uomo che da Roma e da Milano ha diffuso la vera
spiritualità del messaggio cristiano, uno spirito militante che ha alleviato la
miseria e rieducato il clero al vero ed originario significato della Chiesa.
Sarà
stato il caso o quello che gli antichi Greci chiamavano eimarmene,
"ciò che è stabilito", il fato, a far sì che la
sottoscritta, invitata a riflettere sulla festività di Ognissanti, si trovasse
a Roma proprio nei giorni della recente canonizzazione di Josemaría Escrivá de
Balaguer. Ho cosi avuto modo di percepire la grande fede che ha spinto migliaia
di pellegrini a radunarsi in preghiera nella Basilica di S. Pietro e ho
riscoperto il significato di questa ricorrenza, che richiama alla nostra memoria
figure di uomini così importanti nella vita di noi cristiani: con il loro
esempio di vita sono guide sulla strada verso la santità, che ogni battezzato
è chiamato a percorrere, ed essi stessi, lungi da essere il fine ultimo delle
nostre preghiere, sono una via privilegiata per raggiungere il vero traguardo
che è Dio. Non parlo solo dei santi ricordati nel calendario liturgico, ma di
tutti quei giusti la cui vita si rispecchia nelle beatitudini evangeliche,
indipendentemente dai riconoscimenti ufficiali.
È
tutta questa schiera di "beati", la Chiesa trionfante, che la festa di
Ognissanti vuole celebrare. Questa ricorrenza, giunta dalla Chiesa orientale, fu
accolta a Roma nel 609 grazie a Papa Bonifacio IV. Egli trasformò il Pantheon,
tempio voluto dall’imperatore Adriano per onorare tutti gli dei olimpici, in
una chiesa in onore della Madonna e di tutti i martiri, cioè di tutti coloro
che, come indica lo stesso nome di derivazione greca, testimoniano il Vangelo
fino al sacrificio estremo della vita. La festa è stata successivamente estesa
alla celebrazione di tutti i santi e trasferita da maggio, mese in cui ricorre
l’anniversario della dedicazione cristiana del Pantheon, al 1° novembre per
volere di Papa Gregorio IV nell’835. Lo slittamento nel calendario liturgico
si deve probabilmente ad influenze anglosassoni o francesi veicolate attraverso
il motivo comune del “ritorno dei
morti".
Nota
è, infatti, la coincidenza con una festa pagana, che i più credono giunga da
oltreoceano, nonostante le sue origini europee, e che in questi anni sta
raccogliendo sempre più proseliti in particolare tra i giovani. Parlo
naturalmente di Hallowe’en. Si tratta di un’antichissima festa stagionale
druidica, coincidente con il capodanno celtico: in un lasso di tempo in cui si
credeva che le barriere tra il mondo dei vivi e quello dei morti si
assottigliassero a tal punto da consentire a questi ultimi di tornare sulla
terra, i contadini Celti ringraziavano gli spiriti per i raccolti dell’estate
appena conclusa. Questa credenza nella possibilità di un ritorno
dall’oltretomba ha fatto nascere alcune tra le più conosciute tradizioni
legate a Hallowe’en, dai dolcetti lasciati fuori dalle porte per ingraziarsi
gli spiriti di passaggio, oggi impersonati da bambini mascherati che vanno di
casa in casa chiedendo “trick-or-treat”, “dolcetto o scherzetto”, alla zucca
intagliata in ricordo di un certo Jack O’Lantern, un ubriacone che dopo aver
strappato al diavolo la promessa di non reclamare mai la sua anima, si fece dare
un tizzone acceso, originariamente rinchiuso in una rapa, per trovare la via di
casa nel buio della notte.
Nava Eugenio Carlo Maria di Enrico Edoardo e di Dates Sofia
Del Pero Giada di Luca e di Sinapi Giuseppina
Montorfano Giulia di Alessandro e di Castelli Roberta
ITINERARIO PER I GENITORI CHE CHIEDONO IL BATTESIMO PER I LORO FIGLI
Vorrei
esporre su queste pagine del Bollettino Parrocchiale alcune indicazioni per
regolamentare la prassi che riguarda la richiesta da parte dei genitori
cristiani che chiedono il Battesimo per i loro figli. Penso sia giunto anche per
la nostra comunità il momento di operare come un salto di qualità nel modo di
amministrare in parrocchia il sacramento del battesimo per i propri figli.
Ogni
bambino che nasce è una sorpresa, anche se da tempo prevista con trepidazione:
è un dono di vita!
I
genitori cristiani scelgono e vogliono il battesimo per il loro figlio. Lo
chiedono alla Chiesa nella persona del parroco. Lo chiedono consapevolmente, con
responsabilità, perché il battesimo è un grande sacramento, il più
necessario.
Come
aiuto concreto alla scelta dei genitori di battezzare i propri figli, la Comunità
cristiana si fa vicina ed accompagna questi stessi genitori alla celebrazione
del sacramento dei loro piccoli con una breve preparazione che si farà nel mese
che precede il battesimo stesso. Questo perché alla Comunità sta a cuore la
crescita e la educazione dei suoi figli nella fede cristiana.
I
genitori che intendono chiedere il battesimo per i propri figli dovranno seguire
concretamente queste indicazioni:
1.
Iscrizione
al battesimo.
Quando nasce un bambino è bene informare il parroco. Lo si faccia il più
presto, comunque nel mese in cui è nato e si esprima al parroco l’intenzione
di battezzarlo. Insieme si stabilisce la data del battesimo, ed il parroco
ricorderà il cammino da seguire prima di giungere alla celebrazione. Il parroco
darà ai genitori il "Catechismo dei bambini", preparato appunto dai
vescovi per i genitori e dirà il cammino da fare e le indicazioni riguardo la
celebrazione.
2.
Itinerario
pre-battesimale.
Ci saranno due incontri comunitari in parrocchia con i genitori i cui figli
riceveranno il battesimo nello stesso mese.
Il
primo incontro
con una coppia di sposi/genitori la domenica precedente il battesimo, alle ore
9.30 del mattino nei locali dell’Oratorio per riflettere sul significato della
scelta del battesimo per i figli e sull’impegno che questa comporta. Al
termine dell’incontro si parteciperà alla Messa delle ore 11 in parrocchia
durante la quale tutta la Comunità pregherà per i battezzandi.
Il
secondo incontro
avverrà con Suor Donata nella settimana precedente la celebrazione del
battesimo, previo accordo con lei, assieme ai padrini e alle madrine e riguarderà
un fermarsi sui contenuti di fede che la stessa celebrazione rituale del
battesimo presenta. Verrà anche illustrato l’itinerario del dopo battesimo.
3.
La
celebrazione del Battesimo.
Avverrà nella domenica fissata, ultima del mese, durante la Messa delle ore 11
nei mesi dispari e alle ore 16 nei mesi pari. Questo per assecondare esigenze
degli stessi genitori, ed anche le esigenze della Comunità. Non dimentichiamo
il valore istruttivo, ma anche di richiamo che ha la celebrazione del battesimo
fatta davanti a tutta la comunità presente alla cerimonia liturgica,
specialmente per i bambini che frequentano il catechismo. Durante la cerimonia
del Battesimo il parroco farà una breve istruzione. Sarà permesso ad un solo
fotografo, autorizzato dal parroco o comunque ad una sola persona di fare
fotografie nei momenti significativi. Dopo la celebrazione verrà registrato il
battesimo sull’apposito registro.
Celebrare il Battesimo durante la Veglia Pasquale è il massimo delle
celebrazioni perché in questa Veglia si comprende appieno il significato
profondo del sacramento del battesimo la cui grazia sgorga appunto dalla morte e
dalla risurrezione di Gesù. È dunque raccomandabile chiedere la celebrazione
del battesimo nella Notte di Pasqua.
Queste
disposizioni sono diventate regola a partire dallo scorso mese di ottobre.
Orrore,
disorientamento, dolore: sono i sentimenti che hanno accompagnato in questi
tempi alcune notizie di cronaca. Sicuramente l’attenzione è stata
maggionnente puntata dai media sull’omicidio della ragazza di Leno, Desirè,
quattordicenne accoltellata a morte il 28 settembre. Ma anche gli altri fatti
credo ci lascino altrettanto scandalizzati. Sono già stati scritti fiumi di
parole sull’accaduto, ma credo sia doveroso anche da parte nostra dare qualche
spunto di riflessione. Ciò che infatti è necessario fare è riflettere su
quanto accaduto e andare oltre le parole e i fatti.
I
vari episodi di cronaca penso abbiano in comune un elemento ricorrente, sul
quale i mass-media insistono ossessivamente: queste persone prima di tramutarsi
in assassini, seviziatori o altro, erano assolutamente ‘normali’. Un termine
vago per dire: nessuno si era mai accorto che quel giovane avesse qualcosa che
non andava. Ma, come dicevo, andiamo oltre e poniamo qualche domanda: ma chi
avrebbe dovuto accorgersi che c’era qualcosa che non andava? Genitori,
insegnanti, datori di lavoro, allenatori, parroci? Adulti ciechi, distratti, o
ragazzi simulatori perfetti? O entrambe le cose? Sono interrogativi che
richiedono di abbandonare i luoghi comuni, le semplificazioni, le risposte
preconfezionate. Raramente, infatti, vi sono risposte semplici a situazioni così
complesse. La frase che in questi casi si sente dire più spesso è che i
giovani d’oggi non sanno più vivere, il mondo giovanile è in crisi. Ma, a me
sembra, che il mondo giovanile non sia più problematico o in crisi del mondo
adulto. Il mondo adulto risulta assai più in crisi, più in affanno, più alla
deriva di quello giovanile. La riflessione sul disagio dei giovani e sulle
problematiche che i ragazzi di oggi devono affrontare non può esimerci dal fare
una coraggiosa autocritica del modo di essere adulti. Non è un’affermazione
consolatoria questa (mal comune mezzo gaudio), serve solo a vedere le cose con
maggiore realismo. Sarebbe infatti troppo comodo ritenere i problemi dei giovani
una responsabilità loro tout-court: comodo perché eviteremmo di mettere in
discussione il modo di essere genitori, comodo perché solo i giovani dovrebbero
cambiare, evolvere, maturare, comodo perché ci sentiremmo (mi ci metto
anch’io) esentati dal dovere di costituire dei modelli di riferimento
autorevoli. Sarebbe comodo ma insincero.
In
realtà affrontare da una prospettiva corretta questo tema significa mettere in
cantiere la possibilità di dover cambiare qualcosa del mondo adulto: forse
alcune abitudini, o valori di riferimento, o atteggiamenti consolidati. lo credo
che sia doveroso da parte di chi si scandalizza davanti a certi fatti porsi
nell’ottica che non è possibile chiedere ai giovani di fare fatica se gli
adulti non sono disposti a farla. E la fatica di cui parlo non è quella dalle 8
alle 20, la fatica del lavoro quotidiano. Certo anche questo è impegno perché
così si cerca di garantire alla famiglia una certa sicurezza e poi in questo
modo si trasmettono dei valori importanti: la dedizione al lavoro,
l’ambizione, lo spirito di sacrificio (riflessione: ma si è davvero sicuri di
trasmettere questi valori? Si è sicuri di non trasmettere invece arrivismo,
materialismo, individualismo, ... ? Qual è l’atteggiamento nei confronti del
proprio lavoro?). La fatica di cui parlo, se cosi si può definire, è questa:
trascorrere del tempo, molto tempo, più tempo possibile con i propri ragazzi.
Parlare, giocare, guardare la tv, riflettere, spiegare, orientare, conoscerli e
farsi conoscere: l’autorevolezza affettiva si guadagna solo così.
Capita
a volte, quando le cose cominciano a non andare per il verso giusto, che dei
padri troppo impegnati nel lavoro si accorgano improvvisamente delle difficoltà
di un figlio in risposta ad eventi eccitanti (droga, fughe o altro) e vogliano
riprendere in mano la situazione (molto spesso come fanno sul posto lavoro):
imposizioni, richiami, minacce.
Raramente
però ottengono l’effetto sperato perché per i figli non sono persone
significative: chi è disposto ad obbedire ad una persona che non ci conosce,
che non sa niente di noi, che raramente si è interessata dei nostri problemi e
difficoltà?
Qualcuno
definisce i giovani di oggi "analfabeti affettivi", qualcun altro che
soffrono di solitudine, altri che gli adolescenti mostrano una doppia personalità.
Tutto vero ma anche scontato. Questi erano, sono e saranno i ragazzi. Il
problema, secondo me, è capire che la conseguenza di questo è la necessità di
accompagnare, educare, o come ha scritto qualcuno "traghettare" questi
ragazzi d’oggi verso il domani con dei punti di riferimento stabili, punti che
siano la stella polare per il loro cammino. Il nuovo arcivescovo di Milano,
invitando i genitori a perdere più tempo con i loro figli, ha dato già il
primo segnale positivo di risposta a questa necessità. Io credo che i passi
successivi spettino a ciascun adulto che davanti a fatti di cronaca del genere
prova orrore, disorientamento, dolore.
La
"libertà di parola e d’informazione" è stata, è e sarà una
grande conquista dell’intera Umanità.
Ma
che bella scoperta, dirà sicuramente il lettore, oltre a dubitare seriamente
che il Bollettino Parrocchiale, almeno per questa pagina, sia degno di lettura
vista la sua scontata presa di posizione.
Tuttavia,
caro lettore dubbioso, l’introduzione di questo pezzo cela anche qualcosa di
poco scontato e ciò è racchiuso in un’unica parola, in un unico verbo:
"sarà".
Infatti,
il nostro bel pianeta è ben lontano dall’essere totalmente permeato da questo
diritto fondamentale dell’uomo. La strada, in altri termini, è ancora lunga
ed impervia perché ciò sia così. Dittatori di destra e di sinistra, Sistemi
Economici di sinistra e di destra, Interessi più o meno prevaricatori
imbavagliano sistematicamente "chi sta dall’altra parte". In questo
ambito non c’è traccia di globalizzazione, purtroppo.
Ancora,
il lettore più smaliziato avrà la tentazione di fermarsi qui, pensando che ad
una ovvietà generalista, decretata nel primo rigo, si è passati a quella
appena enunciata, maggiormente "sofisticata" ma pur sempre scontata.
Ovverosia non siamo tutti uguali a questo mondo, anche per quanto riguarda
"libertà di parola & informazione".
Facciamo
un altro passo in avanti, definitivo forse, affinché questo pezzo guadagni i
"galloni" per rimanere a buon titolo parte di questo foglio e per
soddisfare colui che lo sfoglia. E di nuovo la parte del protagonista la fa un
solo vocabolo, lo stesso di qualche paragrafo fa: "sarà".
Invero,
nemmeno chi si crede di avere saldo tra le mani il diritto di dire apertamente
ciò che vede o pensa e, quindi, di divulgarlo ad altre persone, in realtà ne
è in possesso finché non cozza contro i cosiddetti "Poteri Forti".
Non li si identifichi solo con le varie mafie, le religioni integraliste o i
partiti politici estremisti che popolano anche gli Stati di matrice liberale
come il nostro.
Potere
Forte è anche il "democratico" cittadino, l’“innocuo vicino di
casa” il quale ha tutta la facoltà, è chiaro, di esternare le proprie idee
nella massima autonomia e libertà, pure lui è sacrosanto portatore del diritto
di "libertà di parola & informazione", senza però intimare il
silenzio a chi non la pensa esattamente alla stessa sua maniera. Altrimenti è
lo scontro verbale, finanche violento e con la violenza, come è noto, non si
costruisce nulla per la Società che ha bisogno di confronti pacifici per
elevarsi e scegliere il meglio per sé.
Il
nostro Bollettino Parrocchiale facendo, nel suo piccolo, opinione, ha tante
volte detto "la sua" sugli argomenti più disparati, a volte errando,
spesso dando valide interpretazioni, giovandosi proprio di quel diritto di
"libertà di parola & informazione" senza timore di critiche, a
volte esatte, spesso prevenute.
E
questa è la promessa che ci sentiamo di fare a te, caro lettore che hai avuto
la bontà e la pazienza di arrivare fino in fondo: il nostro umile giornale farà
ancora e sempre uso di quel diritto fondamentale di espressione nel fare
informazione, cercando certo di usare prudenza e moderazione ma altrettanto
certamente non dando peso a quei piccoli "ricatti mentali" di cui ho
parlato sopra.
Lunedì
18 novembre, il parroco inizierà il giro per la Visita alle famiglie e la
relativa benedizione in occasione dei Santo Natale.
Natale significa la nuova disponibilità di Dio ad inserirsi come fratello e compagno di viaggio nella nostra storia di oggi per accompagnare ogni uorno alla meta unica cui è destinato: la comunione con la Trinità.
Quel
nostro pellegrinare che si sgrana nel rosario della quotidianità, tra le pareti
delle nostre case, tra i legami delle nostre famiglie, tra i rapporti di lavoro
e di tempo libero con tutti gli altri uomini: appunto in questi ambienti, in
queste situazioni Cristo vuole essere presente per dirigere, santificare e
aiutare le scelte di ogni giorno, dando alle nostre fragili capacità di
intuizione e deliberazione la luce e la forza dei suo sostegno e della sua
costanza!
Ecco
il senso della Benedizione Natalizia nelle famiglie e negli ambienti della
nostra convivenza quotidiana. È un atto di accoglienza allora da fare, cioè di
fede! Il sacerdote che viene in cotta e stola, appunto nelle sue funzioni
sacerdotali e sacre, viene in "Persona Christi", come rappresentante
ufficiale e autorizzato di Cristo e di Dio per compiere questo ingresso e questo
gesto di Dio Salvatore.
Oltre
che un gesto di fede, la visita del sacerdote è incontro nella fraternità con
ogni famiglia della parrocchia per uno scambio di auguri, la segnalazione di un
problema e di un bisogno, l’occasione di una conoscenza e stima reciproca.
Al
sacerdote fa piacere incontrare tutti! Ma se si accorge di dar fastidio, soffre
l’umiliazione più bruciante, perché la discrezione è il suo stile, ... e la
libertà la cosa più importante di tutta la faccenda. Pertanto occhio al
calendario! Una visito sopportata o fatta per convenienza, è meglio evitarla.
Quindi si stia attenti quando il sacerdote è vicino, lo si accolga con libera e
gioiosa premura: si preghi con lui e con tutta la famiglia. Né
si disturbi con altri interessi. Spegnere la radio e la Tv, lasciar da parte
altri mestieri, raccogliersi in preghiera assieme al sacerdote, tutti anche gli
uomini ed i bambini, tutti come vera famiglia unita: questo si deve fare quando
il parroco è arrivato nella propria casa.
La
Benedizione è gesto di Dio agli uomini che si aprono a lui nella preghiera;
quindi è cosa che riguarda le persone, le famiglie, non le cose, i locali, le
bestie, negozi, e mercerie varie, le macchine e quant’altro! I componenti
della famiglia presenti all’arrivo del sacerdote si uniscano a lui nella
preghiera.
Se
in casa ci fossero ammalati a letto, li si avverta della visita del sacerdote e
la benedizione si faccia possibilmente nella loro camera.
Anche
nelle ditte: o ci si ferma in gruppo a pregare o è meglio fare niente!
Teniamoci al massimo della serietà se vogliamo che Dio benedica la nostra famiglia e la nostra comunità.
Carissimi
parrocchiani, nel vorticoso scorrere dei giorni e della vita che veloce scivola
e passa, del tempo che corre inarrestabile e travolge ogni cosa, è data
occasione, di tanto in tanto, fermare la corsa e intensamente riflettere. La
celebrazione del Natale è uno di questi momenti, perché dà possibilità di
contemplare il mistero. Il Natale aiuta a ricomporre il vivere, spesso confuso.
Orienta con luce propria i cammini su strade sicure al possesso della pace
interiore, profonda: la pace che tacita l’ansia di ogni ardore terreno, che
riempie l’esistenza, arco di tempo meraviglioso e drammatico insieme; che
appaga ogni aspirazione del momento presente.
Il
Natale ripropone il mistero della Incarnazione del Verbo, fatto unico e
sconvolgente che illumina e dà senso alla storia. Il Natale ricorda la grande
verità: “Dio si è fatto uomo per salvarci” Per questo il Natale
rappresenta il punto più scandaloso della storia religiosa dell'umanità.
Un
Dio sempre pensato e temuto come "Padrone e Signore", appare vestito
di fragile umanità e condivisione; è un Dio che si è messo all'ultimo posto
della scala sociale degli uomini. Mostra di sé la tenerezza infinita e la somma
capacità di dono diventando capace di ridestare alla fiduciosa certezza; è Dio
di fronte al quale l'umana debolezza ed impotenza non espongano ad alcun
ricatto. Un Dio, quello del Natale, che desidera comunicarsi ed essere
apprezzato prima che essere obbedito e servito; un Dio dal quale sentirsi
riconosciuti e desiderati per noi stessi, prima che identificati e giudicati per
le nostre opere. Al quale potersi legare sul fondamento di una incondizionata
fiducia più che a motivo di una fatale necessità. Questo Dio è il Dio libero
della Bibbia, non dei filosofi; il Dio divenuto nostro fratello in Cristo!
Ho
incontrato anch'io questo Dio, e so che è Lui a dar gioia e coraggio alla mia
vita e alla mia missione. Questo Dio che dà fiducia e speranza voglio segnalare
anche a te, fratello e sorella che fatichi nella vita presente. Sarà una
benedizione anche per te se lo incontrerai.
Per
questo prego e solo per questo mi do da fare, e questo voglio intendere quando,
con le Suore e tutta la comunità cristiana, porgo gli auguri a tutti i
Montesolaresi di un felice e santo Natale.