In
questi giorni sento forte il bisogno di immergermi col pensiero e con il cuore
nel grande mistero della Pasqua che andrò celebrando con tutta la comunità, mi
dispongo perciò ad accogliere, in strepitosa risonanza, quegli effetti benefici
che l’evento compiuto dal Signore con la sua risurrezione porta in sé, quale
dono di salvezza.
A
noi cristiani stanno davanti giorni importanti. Sono i giorni della Pasqua.
Giorni di gioia e di esultanza. Sono i giorni dell’alleluia. “Cristo è
davvero risorto! Ha vinto la morte, ha ridonato a tutti la vita”.
Personalmente
mi sto preparando. Rifletto sulle celebrazioni che in questi giorni dovrò
presiedere. Rivisito le bellissime liturgie, gli articolati, significativi riti.
È mio desiderio coglierne appieno i profondi contenuti, i ricchi messaggi.
L’intento è proprio quello di nutrire lo spirito, arrivare al cuore del mio
vivere cristiano, del mio essere prete e poter dire con verità: “Ecco
ho fatto Pasqua!”.
Quanto sto dicendo a me stesso lo penso attuabile anche da tutta la comunità, essa pure chiamata a dire: “Ho fatto Pasqua!”
Fare Pasqua esige disponibilità ad accogliere la grazia che Gesù risorto dona. Vuol dire per ciascuno un impegno di vita e di fede riconoscente matura e generosa. Vuol dire aprirsi alla luce che è Cristo, unica nostra speranza, a Cristo che si offre con strepitoso gesto di donazione totale.
Purtroppo oggi, come il Natale, anche la Pasqua può trasformarsi in un semplice fatto di costume. La festeggiano credenti e non credenti. Ma, proprio per questo, rischia di perdere il suo significato originario. Una ricorrenza: vacanze di Natale, vacanze di Pasqua.
È urgente riportare la Pasqua al suo vero senso. Deve ritornare una festa precisa, non qualunque: provocazione, non vacanza!
Per i cristiani, e già prima per gli ebrei, la Pasqua è la festa per eccellenza, modello di ogni altra. La realtà che la Pasqua ci ricorda, è la ragione che ci dà il diritto di far festa e di gioire, anche in un mondo pieno di contraddizioni e di ingiustizie: ci dà il diritto di essere lieti e pieni di speranza. Si festeggia infatti il gesto liberatore di Dio e la sua vittoria sulla morte. Si festeggia ciò che dà senso alla vita.
Un vecchio libro di preghiera per ragazzi che mi è passato tra le mani in questi giorni dice: “Ho fatto Pasqua!”. E continua così, con questi pensieri veri rivolti direttamente ai ragazzi:
“Incominciasti
a tre anni a fare domande: Domande alla mamma e domande al papà, domande alla
nonna e a tutti. Ora fai ancora domande, le fai a te stesso. Ti chiedi chi sei e
dove vai.
Ti
rispondo dicendo che hai fatto Pasqua, ragazzo mio!
Come
Israele, con a capo Mosé, quando uscì dall’Egitto guidato da Dio passò il
Mar Rosso ed entrò nella terra della sua libertà.
Come
l’uomo di Nazaret, chiamato Gesù, che fu nella morte per circa tre giorni,
poi uscì dalla tomba e tornò alla vita per sempre.
Come
loro anche tu un giorno hai lasciato, guidato da Dio, il mondo dell’odio e
della inimicizia con Lui e con tutti. Tu hai lasciato quel mondo e già sei
entrato tra i figli di Dio, quel giorno in cui fosti immerso nell’acqua per
lavare il peccato e sfuggire alla morte. Così sei rinato alla vita e
all’amore per Dio e per
noi.
Hai
fatto Pasqua! Ecco chi sei, ragazzo mio. Ma hai ancora abbastanza da camminare
fino alla terra della tua libertà. Cammina con Cristo, non renderti schiavo, tu
che sei figlio di Dio. Cammina con Lui fino a quel giorno in cui la nuova terra
ormai tu vedrai, la terra di Dio”.
“Ho
fatto Pasqua!”
Celebrare
la risurrezione di Cristo vuol dire celebrare il trionfo personale completo di
Gesù sul peccato, sulla morte, sui nemici; il trionfo completo di Gesù come
capo: Egli ci ha meritato la grazia di risorgere con Lui.
Per noi il trionfo di Gesù rimarrebbe un puro fatto storico, se non ci uniformassimo a Lui nella condotta della nostra vita.
La Pasqua di Gesù non può che essere la nostra Pasqua! Auguri vivissimi, carissimi parrocchiani.
Vita Parrocchiale
HAPPENING
DEI GIOVANI
Lunedì
dell’Angelo
1
aprile 2002
Ormai
ci siamo! Il nostro happening dei giovani è alle porte! Adolescenti e giovani
si sono attivati per rendere, anche quest’anno, il Lunedì dell’Angelo un
giorno speciale… il loro giorno… il nostro giorno… il nostro Happening!!
Rigenerati
dalla Santa Pasqua, lunedì 1 aprile adolescenti e giovani si ritroveranno di
buon ora in località Sant’Agata per allestire il luogo e per preparare ogni
particolare di questa festa che è principalmente per loro, ma anche per tutti
coloro che vogliono vivere una giornata di amicizia e di gioia!
Il
programma segue il solito schema: preparazione, S. Messa, pranzo, pomeriggio di
giochi e animazione, serata insieme per adolescenti e giovani… ci sarà
davvero da divertirsi! Non sto ad elencare i motivi per i quali è bello
partecipare all’Happening dei Giovani… sono troppi! Mi permetto di
sottolinearne uno solo: questo lunedì noi giovani viviamo quella che è la
nostra Giornata Mondiale della Gioventù (la diciassettesima per la precisione!)
e pochi di noi, per non dire nessuno, potranno essere a Toronto con il Papa la
prossima estate, quindi questa giornata è da vivere con gioia, entusiasmo e
desiderio di ringraziare Qualcuno di davvero grande!!
“voi
siete il sale della terra… voi siete la luce del mondo” è
l’invito che il Papa ci rivolge quest’anno, analizzando il versetto del
Vangelo di Matteo. Dopo che a Roma nel 2000 ci ha esortato ad essere il “fuoco
del mondo”, ci sprona ora a diventare “sale e luce della terra”. Non posso
e non mi permetto di riassumere le “perle di saggezza e di speranza” che il
nostro Papa ci scrive nel messaggio di quest’anno, ma penso sia significativo
riportarne alcuni passaggi che ci aiuteranno a vivere meglio il nostro
Happening: ”… l’evento della
Giornata Mondiale della Gioventù sarà una nuova occasione per incontrare
Cristo, rendere testimonianza della sua presenza nella società contemporanea e
diventare costruttori della “civiltà dell’amore e della verità”… le
due immagini del sale e della luce utilizzate da Gesù sono complementari e
ricche di senso… Il Vangelo sia il grande criterio che guida le scelte e gli
orientamenti della vostra vita! … Come il sale dà sapore al cibo e la luce
illumina le tenebre, così la santità dà senso pieno alla vita, rendendola
riflesso della gloria di Dio… prego il Dio tre volte Santo che vi renda santi,
cari giovani, i santi del terzo millennio!! ”
Questi
ed altri meravigliosi pensieri ci offre il Papa per la nostra Giornata Mondiale
della Gioventù, per il nostro Happening dei Giovani… e allora
l’appuntamento è a lunedì 1 aprile alle ore 7.00 per chi deve preparare,
alle ore 10.30 per la Santa Messa a Sant’Agata e… se dovesse piovere (!!!)
sarà certamente uno scherzo del pesce d’aprile…!!!
URSULA
BORGHI
Vita Parrocchiale
Riprendendo il titolo andavo con il pensiero ad un libro: ”Ateo a 18 anni” nel quale l’autore, Mons. Luigi Bertazzi, qualche anno fa esaminava le possibili motivazioni che potevano condurre un giovane lontano da un cammino di fede. Questo perché?
Ecco,
in queste righe vorrei, per quanto possibile, tracciare l’identikit, il
profilo, del giovane che invece sceglie di intraprendere la strada che fu dei
discepoli di Emmaus: forse stanco, forse sfiduciato perché sembra che tutto gli
crolli addosso ma in ogni modo in ricerca di qualcosa, di … Qualcuno.
Nei nostri incontri settimanali cerchiamo di
guardarci dentro, di scoprire con tutta la sincerità possibile quali sono i
nostri limiti, le nostre paure, i nostri dubbi ma, beninteso, anche i nostri
meriti, le nostre qualità, i nostri talenti, così da sfuggire a
quell’insidia sottile che, a volte, si manifesta come una non ben precisata
umiltà o modestia. Mi spiego: ogni giovane, o meglio, ogni persona in genere,
dovrebbe aver ben chiaro quelle che sono le sue potenzialità e quindi agire di
conseguenza senza sfuggire alle proprie responsabilità (omissione) e, per
contrasto, senza vanagloria e orgoglio, rammentando quel passo della Sacra
Scrittura dove si afferma che su questa terra siamo “stranieri e
pellegrini”, quindi semplici amministratori dei doni di Dio e non proprietari
degli stessi.
Il nostro percorso si è così via via snodato in questa direzione: una progressiva conoscenza di sé stessi che si deve fondare su una ritrovata onestà nei rapporti con il proprio io, a volte smisurato ed eccentrico, con chi ci circonda e con il nostro Dio. Ci è d’aiuto in questo cammino l’immagine della Croce con le sue due dimensioni, quella verticale (Dio) e quella orizzontale (i fratelli). I momenti forti di questo anno pastorale, le giornate di ritiro in seminario a Como e le Missioni Popolari, sono certo che rappresenteranno, per i giovani che li hanno vissuti, solide fondamenta per una vita cristiana pienamente vissuta, che non significa aliena da ricadute nel peccato, bensì aperta a riscoprire ed accogliere la sempre previdente ed abbondante grazia di Dio.
Vorrei passare ora, per concludere, ad alcune considerazioni di carattere più personale: sono contento, davvero contento, di essere il catechista dei giovani! Questi due anni sono stati per me un tesoro, un’immensa ricchezza che, sono sicuro, “né tignole né ruggine” riusciranno a scalfire. È bello e dà gioia percorrere con voi questo tratto di strada… camminare insieme cercando di costruire, amalgamare ed “esportare” quei valori per cui, ci rendiamo conto, vale davvero la pena di vivere, di essere qui, oggi, a Montesolaro, in questo 2002 carico di tensioni ma anche di attese e speranze. Per finire un invito: TU, GIOVANE, che certamente hai nel cuore la voglia di esprimerti, di essere veramente te stesso, cosa aspetti a partecipare ai nostri incontri del martedì sera? La tua presenza, la tua voce, il tuo vissuto sono importanti per aiutarci a crescere. Non avere paura di essere una voce fuori dal coro: come scriveva Gibran “la strada per raggiungere la vetta è più chiara se vista da lontano”.
FABIO
ARNABOLDI
Vita Parrocchiale
CATECHESI RAGAZZI: DOVE SIAMO E DOVE ANDIAMO?
Il nostro periodico ritrovarci ha un senso ben preciso: verificare quel cammino di educazione alla fede che ci vede impegnati come catechisti, e cioè come semplici ma nel contempo entusiasti collaboratori rispetto a chi, a pieno titolo, ne ha i primari diritti/doveri, la famiglia.
In tal senso ci pare doveroso rendere conto, proprio ai genitori, di quanto emerge in questi nostri momenti di riflessione.
Tanto per sgombrare il campo da equivoci, è opportuno anzitutto condividere il significato che noi attribuiamo al termine “verifica”.
Per noi verificare significa porci quelle due domande, alle quali il nostro Cardinale ci ha ormai abituato e che abbiamo indicato nel titolo: “Dove siamo? Dove andiamo?”.
La verifica non è quindi da intendersi come un momento giudicante, ma come una presa di coscienza di un dato di fatto, di una situazione, a partire da cui occorre operare con rinnovato slancio per cercare di individuare quei percorsi e quelle strategie sempre più idonee per dire, comunque e sempre, il Vangelo, la bella notizia che Gesù ci ama e ci vuole felici.
La
“questione” che ci ha impegnate in questo ultimo incontro è la seguente: oggi,
l’educazione cristiana è ancora un fatto primario, interessa ancora, o è
fuori moda?
Non
sappiamo a chi spetti dare questo giudizio, però è vero che chi vuole
affrontare seriamente, ora, questo impegno avverte la sfida di una mentalità e
di stili di vita che vanno progressivamente allontanandosi dal Vangelo.
Sembra che la voce di chi vuole orientare la vita dei “piccoli”, in senso cristiano, sia davvero debole.
È decisamente troppo ciò che distoglie e che pretende, in quanto cosa in sé non cattiva e persino utile, di porsi sullo stesso piano.
È difficile dire con successo a un bambino/ragazzo che Gesù è la Verità della nostra vita, se poi, in concomitanza con l’ora di catechismo, lui si trova da un’altra parte perché si è scelto che un’altra cosa, non cattiva e persino utile, era più importante.
Nessuno,
a parole, ha evidentemente messo in discussione il valore del catechismo, ma i
fatti, quelli sì!!!
E i “piccoli” capiscono... che al catechismo si va, ma si può anche mancare perché forse Gesù non è l’Unico Vero Maestro.
Alle assenze che crescono, si aggiunge allora la
difficoltà di suscitare motivazioni profonde e di creare il clima adatto,
disteso, tranquillo, perché i bambini hanno troppe cose da fare e, fra l’una
e l’altra, ci si mette anche il catechismo!
Come
catechisti che, pur con i nostri limiti, si tenta già di scovare strategie
nuove e accattivanti, ci si è proposti di aumentare il nostro sforzo per
trovare linguaggi e forme capaci di dire ancora oggi la bellezza del camminare
dietro Gesù, del vivere una vita bella, buona e felice come l’ha vissuta Lui
e l’ha promessa a noi.
Occorre
però che tutti, a partire dalla famiglia, si abbia il coraggio di porci alcune
fondamentali domande: “Quali sono i valori più importanti per noi?”
“Il
nostro cuore in che cosa e in chi crede veramente?” “Siamo cristiani per
convinzione o semplicemente per tradizione?” “Che cosa vogliamo dalla
Chiesa?” “Cosa significa per noi chiedere i Sacramenti?”
Rischiamo altrimenti di educarci e di educare alla falsità, al doppio gioco.
IL
PARROCO E LE CATECHISTE
Giornata delle Vocazioni
LA
VOCAZIONE ALLA SANTITÀ
“A
voi tutti diletti da Dio e santi per vocazione, grazia e pace da Dio, Padre
nostro, e dal Signore Gesù Cristo” (Rm 1,7).
Queste
sono le parole che Giovanni Paolo II pone come introduzione alla XXXIX giornata
mondiale di preghiera per le vocazioni (21 aprile 2002 – IV domenica di
Pasqua). Sono parole dell’apostolo Paolo ai cristiani di Roma e introducono il
tema della giornata stessa: la vocazione
alla santità.
Leggendo
il messaggio che il papa ha proposto si nota subito come il termine santità
ritorni più volte, diventi un ritornello. Questa sottolineatura nel suo
discorso vuole proprio evidenziare la centralità della santità nella vita di
ciascun cristiano. Se il battesimo non è che l’ingresso in una vita santa,
nella santità di Dio, non è possibile accontentarsi di una vita mediocre,
rivolta all’effimero, ma soprattutto non indirizzata verso colui che ci dà la
possibilità di diventare Santi. Compito di ogni cristiano è impostare quindi
la vita rivolgendo lo sguardo a Gesù e nello stesso tempo camminare in questo
mondo dove siamo chiamati a vivere.
Da
ciò discende una conseguenza inevitabile: anche la Chiesa deve essere Santa. Il
papa ci ricorda come il “compito primario della Chiesa è accompagnare i
cristiani sulle vie della santità, affinché, illuminati dall’intelligenza
della fede, imparino a conoscere e a contemplare il volto di Cristo e a
riscoprire in Lui la propria autentica identità e la missione che il Signore
affida a ciascuno”. Ecco quindi indicata la comunità ecclesiale come il
luogo dove si esprimono tutte le diverse vocazioni suscitate dal Signore.
Proseguendo
la lettura di questo messaggio notiamo anche un riferimento particolare alla
vocazione al ministero ordinato, anzi viene posto al centro l’attenzione a
questa particolare vocazione “è necessario porre in atto ogni mezzo perché
le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, essenziali per la vita e la
santità del popolo di Dio, siano continuamente al centro della spiritualità,
dell’azione pastorale e della preghiera dei fedeli”. Giovanni Paolo II
ci invita ad ascoltare le parole di Gesù “pregate dunque il padrone della
messe perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9,39; Lc 10,2),
caratterizzando questa giornata con un intenso momento di preghiera, che
coinvolge l’intera comunità cristiana in un’incessante invocazione a Dio
per le vocazioni.
Il
messaggio si conclude con l’invito del papa ad unirci a lui in questa
preghiera:
“Padre
Santo, guarda questa nostra umanità, che muove i primi passi nel cammino del
terzo millennio.
La
sua vita è segnata ancora fortemente dall’odio, dalla violenza,
dall’oppressione, ma la fame di giustizia, di verità e di grazia trova ancora
spazio nel cuore di tanti, che attendono che porti la salvezza, operata da te
per mezzo del tuo figlio Gesù.
C’è
bisogno di araldi coraggiosi del Vangelo, di servi generosi dell’umanità
sofferente.
Manda
alla tua Chiesa, ti preghiamo, presbiteri santi, che santifichino il tuo popolo
con gli strumenti della tua grazia.
Manda
numerosi consacrate e consacrati, che mostrino la tua santità in mezzo al
mondo.
Manda
nella tua vigna operai santi, che operino con l’ardore della Carità e, spinti
dal tuo Santo Spirito, portino la salvezza di Cristo fino agli estremi confini
della terra.
Amen.”
FEDERICO
TAGLIABUE
Vita Parrocchiale
APPUNTAMENTO
CON IL GAG
I
mesi di febbraio e marzo hanno visto il GAG impegnato in quello che tutti i
partecipanti chiamano “campo
legna”. Da qualche anno adolescenti e
giovani, insieme ai Ranzit e a tutti quanti vogliono dare una mano, passano
alcune giornate nei boschi per recuperare legna da ardere.
Il
24 febbraio, in una trentina tra adolescenti e giovani, abbiamo partecipato alla
S. Messa delle ore 8 e subito dopo abbiamo raggiunto a piedi i boschi della
nostra Serenza. La zona interessata dal lavoro è stata quella situata sul
pendio che scende verso Figino, al di sotto della Cascina Barnicocca; appena
arrivati qui abbiamo trovato un nutrito gruppo di Ranzit già al lavoro,
impegnati nell’abbattimento di alcuni alberi (prevalentemente robinie che
abbondano nei nostri boschi e che forniscono un legno molto pregiato come
combustibile). La giornata era serena e molto ventosa ma la nostra catena umana,
che trasportava la legna dal luogo dell’abbattimento al camion, era sistemata
su un sentiero riparato: ci siamo quindi goduti anche una bella giornata
all’aperto. In un prato lì vicino ci è stato offerto, all’ora di pranzo,
un ottimo risotto e un panino col salamino, cucinati con cura da alcuni
volontari. Nel pomeriggio poi ancora al lavoro per liberare dalla ramaglia le
zone interessate dal taglio. La legna raccolta in questa giornata verrà venduta
ed il ricavato servirà per contribuire alla costruzione di un dispensario
Buldipukur in Bangladesh.
Il
10 marzo ci siamo recati, come l’anno scorso, ad Appiano Gentile dalle sorelle
del VISPE. La loro casa è circondata da diversi campi coltivati ma anche da
terreni boschivi e qui ecco ancora il GAG assieme ai Ranzit che di buon mattino
si mettono al lavoro per tagliare e trasportare la legna, una pausa per
consumare un buon pranzo preparato dalle sorelle e poi ancora al lavoro. La
legna raccolta in questa giornata verrà utilizzata dalle sorelle del VISPE per
riscaldare la loro abitazione durante l’inverno, il denaro che risparmieranno
sul gasolio servirà per aiutare i poveri. Tutti siamo rimasti colpiti dalla
laboriosità delle sorelle che, instancabili, ci davano l’esempio e la carica
per continuare il lavoro fino nel tardo pomeriggio. Una volta sistemata tutta la
legna nel deposito abbiamo partecipato ad un breve momento di preghiera con le
sorelle del VISPE, conclusosi con un bel canto in Kirundi, lingua del loro paese
d’origine.
Il
campo legna è una bella esperienza per i giovani e gli adolescenti che vi
partecipano. Innanzitutto è occasione per stare insieme, ma non uno stare
insieme qualsiasi, è uno stare insieme per lavorare. Durante il lavoro abbiamo
forse scoperto lati diversi delle persone che conosciamo molto bene ma anche di
quelle che si conoscono meno. Ciascuno dalla sua posizione nella catena, ha
potuto vedere sul volto degli altri molti sorrisi ed allegria al mattino appena
arrivati, poi però, quando i segmenti di tronco hanno cominciato a pesare sul
serio, i visi si sono fatti più seri, qualcuno è diventato silenzioso, la
fatica ha cominciato a farsi sentire. La catena però non si è mai interrotta,
nessuno ha “abbandonato la nave” e tutta la legna è stata caricata sul
camion. Penso che ciascuno abbia lasciato il bosco soddisfatto: sebbene infatti
nessuno è stato indispensabile nella catena, tutti sono stati necessari per
raggiungere il risultato finale, cioè fare qualcosa di concreto per i più
poveri. Il campo legna ci dà anche la possibilità di passare una giornata
all’aria aperta nei boschi, cosa che, se per i nostri nonni ed i nostri
genitori era una cosa naturale, per i ragazzi di oggi molto spesso non lo è più.
Riscoprire la natura a due passi da casa nostra e contribuire a mantenerla
pulita non può che essere un vantaggio per tutti noi.
Finora
abbiamo parlato solo del campo legna ma il programma del mese di marzo del GAG
ha anche altri appuntamenti. Innanzitutto la recita dei Vesperi alle ore 19 dal
lunedì al venerdì nella cappellina dell’oratorio per condividere un momento
di preghiera quotidiano durante la Quaresima. Sabato 23 marzo si è partecipato
alla Veglia in Traditione Symboli in Duomo. Da molti anni un nutrito gruppo di
giovani e adolescenti si reca a Milano per partecipare alla celebrazione che si
conclude con la consegna del Credo ai Catecumeni e a tutti i presenti.
L’attività
del GAG non si ferma certo qui! L’appuntamento è per il lunedì dell’Angelo
a Sant’Agata per l’Happening dei Giovani dove tutti sono invitati a vivere
con noi questa giornata. Lo slogan di quest’anno è: “Voi siete il sale della
terra… Voi siete la luce del mondo”,
con il quale il Papa vuole ricordare a tutti i giovani del mondo il loro ruolo
di costruttori della “civiltà
dell’amore e della verità”. Non
dimentichiamo poi che tutti i venerdì sera l’oratorio è aperto per tutti i
giovani e gli adolescenti che vogliono conoscere il GAG, programmare le prossime
iniziative oppure cantare, giocare o semplicemente fare quattro chiacchiere.
Ciao e a presto!
IL
GAG
24
FEBBRAIO & 10 MARZO…
…
IL CAMPO LEGNA
Domenica
24 febbraio è iniziata con la S. Messa che ci ha introdotto al tema della
missione e della carità. Un numeroso gruppo di adolescenti, giovani e adulti
volonterosi hanno messo a disposizione il loro tempo e le loro forze per un
unico, comune obiettivo: tagliare, raccogliere e trasportare legna, il cui
ricavato sarà destinato alla missione presente in Bangladesh, missione che la
nostra comunità sta aiutando nel corso di questo anno pastorale. Lo scopo di
questa operazione non era solo quello caritativo ma anche quello di
aggregazione: lavorare divertendosi, stare insieme senza sentire il peso della
fatica. L’obiettivo è stato pienamente raggiunto! L’aggregazione è stato
uno degli elementi protagonisti di questa giornata, insieme alla preghiera ed al
momento del pranzo comunitario. L’esperienza è stata ripetuta anche domenica
10 marzo, ad Appiano Gentile, presso le suore del VISPE, con lo stesso
strepitoso successo!! Ringraziamo tutti coloro che vi hanno partecipato per la
loro straordinaria disponibilità!!.
denise de giusti
emma sorrentino
antonella sorrentino
valentina baragiola
VACANZA
ESTIVA A MONGINEVRO (1850 M.)
Anche quest’anno viene organizzata una vacanza
estiva in montagna per i ragazzi/e, adolescenti e giovani della nostra comunità.
La località prescelta è MONGINEVRO, paese e stazione per una vacanza ideale posta all’incrocio delle alti Alpi della Italia e della Savoia.
MONGINEVRO,
PAESE E STAZIONE
Monginevro, luogo strategico rispetto alla storia è lo stesso rispetto al sole e ai “soggiorni piaceri” in montagna, per via della sua situazione privilegiata.
Colle, altipiano, crocevia internazionale, paese, stazione, Monginevro coniuga armoniosamente tutte le tentazioni estive: dolcezza del vivere, e ricerca della adrenalina, sole provenzale e freschezza dell’altitudine, impianti d’avanguardia e patrimonio storico, acque sorgive o laghi, azzurro del cielo e verde degli alpeggi.
MONGINEVRO,
UN RICREATORIO AL NATURALE
Nota per il marchio “piccoli montanari”, questa stazione dispone di infrastrutture d’accoglienza, d’impianti per divertimenti e di animatori devoti che trasformeranno il soggiorno dei ragazzi nelle più belle vacanze della loro esistenza.
MONGINEVRO,
LA MONTAGNA AI VOSTRI PIEDI
Seguendo sentieri segnalati oppure improvvisando escursioni, tratturi d’alpeggio o sentieri forestali, versante solatio o versante in ombra, in Francia o in Italia, a cavallo o a piedi, in mountain bike, a dorso d’asino, sopra un crinale o in fondo ad una valle, le vostre gambe vi porteranno da baite ad antiche fortezze di frontiera fino a quota di 3000 metri dalle quali potrete salutare, da privilegiati, la grandiosità di una natura preservata.
Queste alcune note per descrivere il luogo dove passeremo 12 giorni la prossima estate, esattamente da lunedì 22 luglio a venerdì 2 agosto. Ci ospiterà una Casa data in autogestione – “Hotel la Grange” - Ha una capienza di cinquantacinque posti e ci viene offerta in condizioni dignitose e a prezzo accessibile. Ogni stanza ha i suoi servizi con due, tre, quattro posti letto.
La spesa
dell’intero periodo di vacanza è come quello dello scorso anno: 285 Euro,
pari a 550.000 lire.
A questa simpatica vacanza aderisce il gruppo dei ragazzi e delle ragazze di
Carimate. Le iscrizioni sono già aperte a partire da Pasqua fino ad esaurimento
posti.
Vita Parrocchiale
LA
CORALE NON CANTA PIÙ
Nei discorsi, o pettegolezzi, della gente comune un argomento molto gettonato, di attualità in questo periodo post-missioni e pre- pasquale è senz’altro, a torto o a ragione, il preannunciato scioglimento della corale S. Cecilia.
Il
titolo di queste righe vuole significare, per usare una parola grossa, una
“provocazione” o molto più semplicemente aggiungendo il punto interrogativo
finale, una pausa di riflessione che deve coinvolgere tutti coloro che hanno a
cuore la continuità e la validità del coro, inteso come gruppo con più
anzianità di servizio in parrocchia.
Un attimo di ponderatezza che porti prima a capire le radici di questa scelta (se tale atto si è già attuato in favore di un forzato blocco) e poi a trovare le motivazioni, sicuramente efficaci, da contrapporre a questo che sembra (ma che tutti si augurano il contrario) ormai una strada senza via di ritorno.
È inutile negare l’ovvietà della situazione che sintetizza in due punti fondamentali le questioni sul tappeto: mancanza di ricambio e demotivazione crescente in coloro che pur essendo in prima linea valutano in maniera diversa dal passato, il compito di accompagnare, sostenere e far partecipe l’assemblea nei canti proposti.
Innanzitutto il continuo assottigliarsi del gruppo dovuto all’uscita di alcuni cantori non reintegrati da quello che in termine sportivo si chiama “vivaio”: le persone dotate di una certa dote vocale, e che sono disposte a questo servizio liturgico, tendono ad indirizzarsi verso il coro giovani (ma ha ancora senso etichettare così la formazione giovanile quando molti dei suoi componenti ha abbondantemente lasciato alle spalle gli anni che Leopardi definiva “stagion lieta”).
Occorre comprendere le ragioni che conducono a questo passo ed una volta individuate si può intendere anche il secondo degli aspetti indicati prima e cioè come questi motivi portino all’assenza di incoraggiamento e di voglia di continuare.
Al di sopra di tutto e di tutti però è necessario tenere in considerazione il bene della comunità, e la paventata (per essere ancora ottimisti) conclusione dell’attività della corale S. Cecilia certamente va a discapito di quella memoria culturale della nostra parrocchia, la quale ha sempre avuto, rispetto ad altre realtà limitrofe, ottime tradizioni nell’accompagnare col bel canto le più importanti celebrazioni liturgiche.
Sotto questa ottica è positiva l’attività in parrocchia delle due identità corali perché consente ai fedeli di partecipare a più funzioni religiose con la presenza di un coro, a rendere di particolare solennità il rito.
Ben venga quindi il periodo di riflessione che gli addetti hanno valutato opportuno mettere in pratica, per ponderare al meglio l’importanza del loro impegno all’interno della comunità.
Un lasso di tempo dove tutti, nelle specifiche competenze, devono proporre le loro opinioni, dove e se necessario, anche le polemiche e le critiche possano sfociare in atti costruttivi e mai in momenti nei quali rischia di prevalere il fracasso distruttivo.
Sarà necessario mettersi tutti in discussione per valorizzare la rilevanza del singolo ruolo nella visuale del bene del gruppo; rimotivare l’impegno declinandolo nella prospettiva del servizio alla comunità ed ultimo, ma certamente non in una graduatoria di importanza, comprendere la necessità di un gruppo corale che sia degno erede e continuatore delle belle e sane culture musicali della parrocchia.
Per questo si deve dire “la corale deve cantare ancora”.
Francesco Molteni
APPUNTAMENTI
MESE DI APRILE
1
lu
happening dei giovani a Sant’Agata
8
lu
21.00: Consiglio d’Oratorio
10
me
21.00: Assemblea plenaria catechisti
11
gi
21.00: a Mariano Assemblea annuale del Centro di Ascolto Caritas
13
sa
quattordicenni al Sacro Monte di Varese
21
do xxxix
giornata mondiale di preghiera per le vocazioni
28
do celebrazione
in parrocchia degli anniversari di matrimonio
29
lu
21.00: Consiglio Pastorale Parrocchiale
Sancesario
Marika di Quintino e di De Faveri Laura
Monguzzi
Silvia di Marco e di Gullo Rossella
Colombo
Bambina di anni 79
Dal Vaticano
LETTERA
DEL SANTO PADRE AI CAPI DI STATO E DI GOVERNO
E
DECALOGO DI ASSISI PER LA PACE
Alle loro Eccellenze, i Capi di Stato o di Governo
Un mese fa si svolgeva ad Assisi la Giornata di preghiera per la pace nel mondo. Oggi il mio pensiero si volge spontaneamente ai responsabili della vita sociale e politica dei Paesi che vi erano rappresentanti dai capi religiosi di numerose nazioni.
Gli interventi ispirati di questi uomini e di queste donne, rappresentanti delle diverse confessioni religiose, come pure il loro desiderio sincero di operare a favore della concordia, della ricerca comune del vero progresso e della pace in seno all'intera famiglia umana, hanno trovato la propria espressione elevata e al contempo concreta in un "decalogo" proclamato a conclusione di questa eccezionale giornata.
Ho l'onore di consegnare il testo di questo impegno
comune a Vostra Eccellenza, convinto che queste dieci proposte potranno ispirare
l'azione politica e sociale del suo Governo.
Ho potuto constatare che i partecipanti all'incontro di Assisi erano più che mai animati da una convinzione comune: l'umanità deve scegliere fra l'amore e l'odio. E tutti, sentendosi membri di una stessa famiglia umana, hanno saputo tradurre tale aspirazione attraverso questo decalogo, persuasi che se l'odio distrugge, l'amore al contrario costruisce.
Auspico che lo spirito e l'impegno di Assisi conducano tutti gli uomini di buona volontà a ricercare la verità, la giustizia, la libertà, l'amore, affinché ogni persona umana possa godere dei propri diritti inalienabili, e ogni popolo della pace. Da parte sua la Chiesa cattolica, che ripone la sua fiducia e la sua speranza nel "Dio dell'amore e della pace" (2 Cor 13, 11), continuerà ad impegnarsi perché il dialogo leale, il perdono reciproco e la mutua concordia segnalino la strada degli uomini in questo terzo millennio.
Grato a Vostra Eccellenza per l'interesse che Lei vorrà prestare al mio messaggio, colgo l'occasione per assicurLa della mia più alta considerazione.
Dal Vaticano, 24 febbraio 2002
GIOVANNI
PAOLO PP. II
Il
Decalogo di Assisi per la Pace
1. Ci impegniamo a proclamare la nostra ferma convinzione che la violenza e il terrorismo si oppongono al vero spirito religioso e, condannando qualsiasi ricorso alla violenza e alla guerra in nome di Dio o della religione, ci impegniamo a fare tutto il possibile per sradicare le cause del terrorismo.
2. Ci impegniamo a educare le persone al rispetto e alla stima reciproci, affinché si possa giungere a una coesistenza pacifica e solidale fra i membri di etnie, di culture e di religioni diverse.
3. Ci impegniamo a promuovere la cultura del dialogo, affinché si sviluppino la comprensione e la fiducia reciproche fra gli individui e fra i popoli, poiché tali sono le condizioni di una pace autentica.
4. Ci impegniamo a difendere il diritto di ogni persona umana a condurre un'esistenza degna, conforme alla sua identità culturale, e a fondare liberamente una propria famiglia.
5. Ci impegniamo a dialogare con sincerità e pazienza, non considerando ciò che ci separa come un muro insormontabile, ma, al contrario, riconoscendo che il confronto con la diversità degli altri può diventare un'occasione di maggiore comprensione reciproca.
6. Ci impegniamo a perdonarci reciprocamente gli errori e i pregiudizi del passato e del presente, e a sostenerci nello sforzo comune per vincere l'egoismo e l'abuso, l'odio e la violenza, e per imparare dal passato che la pace senza la giustizia non è una pace vera.
7. Ci impegniamo a stare accanto a quanti soffrono per la miseria e l'abbandono, facendoci voce di quanti non hanno voce e operando concretamente per superare simili situazioni, convinti che nessuno possa essere felice da solo.
8. Ci impegniamo a fare nostro il grido di quanti non si rassegnano alla violenza e al male, e desideriamo contribuire con tutte le nostre forze a dare all'umanità del nostro tempo una reale speranza di giustizia e di pace.
9. Ci impegniamo a incoraggiare qualsiasi iniziativa che promuova l'amicizia fra i popoli, convinti che, se manca un'intesa solida fra i popoli, il progresso tecnologico espone il mondo a crescenti rischi di distruzione e di morte.
10. 10.Ci impegniamo a chiedere ai responsabili delle nazioni di compiere tutti gli sforzi possibili affinché, a livello nazionale e a livello internazionale, sia edificato e consolidato un mondo di solidarietà e di pace fondato sulla giustizia
11. 24 gennaio 2002
Curiosità
Mentre
è assorta nella contemplazione le appare Cristo
con
una corona di spine nella mano destra e una d'oro nella sinistra,
che
invita la sua sposa a scegliere...
Legenda
Maior Beato Raimondo da Capua
S.
Caterina, la cui ricorrenza viene celebrata il 29 aprile, è una delle sante più
importanti e famose d’Italia. La sua vita fu così esemplare che Papa Giovanni
Paolo II, nel febbraio del 1995, durante la recita dell'Angelus, l’ha definita
"messaggera di pace" ed il 1° ottobre 1999 è stata proclamata
patrona d’Europa.
Caterina
è di origine senese, infatti nacque nella cittadina nel cuore della Toscana il
25 marzo 1347; nel rione di Fontebranda trascorse la sua non facile adolescenza,
poiché fin da piccola fu costretta ad una vita di sofferenza e disagi, ma
proprio da giovane iniziò ad avere le sue prime visioni. Infatti si racconta
che un giorno mentre tornava dalla visita alla sorella, Caterina ebbe la sua
prima visione: vide sospeso in aria sopra il tetto della basilica di San
Domenico Gesù seduto su un bellissimo trono, vestito con abiti pontificali,
attorniato dai santi Pietro, Paolo e Giovanni.
Il
suo iter religioso iniziò nel 1354, quando fece voto di verginità e continuò
nel 1363, anno in cui venne ammessa all’abito delle Mantellate Domenicane,
donne che si dedicavano alle opere di carità e che si riunivano in preghiera
ogni giorno nella Cappella delle Volte, all'interno della basilica di San
Domenico. Nel 1367, all’età di diciannove anni, ricevette le nozze mistiche
della fede e si impegnò nel mondo per la pace e la salvezza degli uomini. Da
questo momento la santa dedicò tutta la sua vita alle opere di carità e
all'assistenza a malati e bisognosi.
Caterina è ricordata in particolare perché, secondo quanto racconta la
“Legenda Maior del Beato Raimondo da Capua”, dopo aver ricevuto l’Eucarestia
nella festa dell’Ascensione, dopo un lungo digiuno, andò in estasi e vide Gesù
in sembianza di un fanciullo luminoso.
“… Ricevendo l'Eucarestia
nella festa dell'Ascensione, al termine di un prolungato digiuno, vede Cristo in
forma di luminoso fanciullo, mentre una pioggia di ardenti scintille si abbatte
sul capo di Lei...”
Circa
cinque anni dopo, in un viaggio a Pisa, il 1° aprile ricevette un altro segno
divino, le stimmate, e dopo questo episodio tornò nella città natale, dove
convertì ed assistette un condannato a morte. A Siena la santa divenne
infermiera volontaria all’ospedale di Santa Maria della Scala, dove passò
intere giornate ad assistere e curare incessantemente pellegrini, girovaghi ed
ammalati; questo testimonia come la donna fosse fermamente fedele ai valori
della carità, della giustizia e della volontà, che ella interpretava in senso
militante, vedendo in ogni malato “un’anima da salvare”. Caterina
assisteva i malati sia all’ospedale che a casa; si racconta che durante
l'epidemia di peste del 1374, munita di una boccetta di aromi, di un bastone per
sorreggersi e di una lanterna, si era recata all'ospedale e nelle case insieme
ai suoi discepoli alleviando le sofferenze dei malati con i pochi mezzi allora a
disposizione. Questo suo ruolo di assistente ai malati l’ha fatta paragonare
ad una grande figura del nostro secolo, Madre Teresa di Calcutta.
Il cardinale Pio Laghi, che come legato apostolico in India ha trascorso molti
anni accanto a Madre Teresa, ha notato nelle due donne il medesimo modo di porsi
nei confronti dei bisognosi e lo stesso importante obiettivo: guarire le piaghe
fisiche e morali dell'umanità.
La sua preziosa
attività di apostolato terminò il 29 aprile 1380, quando morì dopo anni di
sofferenze fisiche, ma la sua santità fu subito riconosciuta: nel 1461 Papa Pio
II la canonizzò, nel 1939 Pio XII la dichiarò Patrona d’Italia insieme a San
Francesco d’Assisi e nel 1970 Papa Paolo VI inscrisse il suo nome nel catalogo
dei Dottori della Chiesa.
Molte sono le
testimonianze scritte che rimangono della santa: ad esempio “Il dialogo
della Divina Provvidenza”, il suo testamento spirituale dettato poco prima
di morire; inoltre 374 lettere e molte orazioni che ripercorrono i momenti
salienti della sua esemplare esistenza, profondi precetti di vita spirituale.
Ogni anno, nel mese di aprile, i fedeli la pregano e onorano in pellegrinaggio
alla Basilica di San Domenico, dove la ricordano due bellissime statue a lei
dedicate.
Elena
Colombo
Ricorrenze
14
APRILE 2002:
78^
GIORNATA DELL’UNIVERSITA’ CATTOLICA
“Preghiera,
propaganda, questua”: ecco riassunto lo scopo di questa giornata nelle
parole di colei che ne fu l’ideatrice, Armida Barelli, collaboratrice del
fondatore di questo Ateneo, Padre Agostino Gemelli. Nata come esperimento in
alcune realtà locali nel 1922 e diffusasi presto come esperienza spontanea, la
Giornata dell’Università Cattolica venne istituita in forma vincolante in
tutte le diocesi nel 1924.
Certo,
da allora gli aspetti per così dire folcloristici sono profondamente cambiati:
ad esempio, non si vedono più giovani dai cappelli goliardici aggirarsi per le
città in cerca di offerte a sostegno della causa, come avveniva negli anni
’40. Ma non è mutato il significato profondo di questa giornata, che si
propone innanzitutto come occasione per riflettere sul ruolo che un’Università
Cattolica ha e deve avere all’interno della società.
Potrei
a questo proposito intrattenervi con uno spaccato di vita universitaria
raccontato da un’ex-studentessa quale io sono: il conforto della preghiera
quotidiana nella silenziosa intimità della cappella del Sacro Cuore, che, posta
all’ingresso dell’Ateneo, richiama chi si accinge a varcarne la soglia;
l’utilità dei corsi di introduzione alla teologia per accostarsi ad una
lettura critica della Sacra Scrittura e delle verità di fede…Ma permettetemi
qualche riflessione più profonda a partire da una frase del Santo Padre, che è
stata scelta come slogan della scorsa edizione: “L’audacia
della ragione, la verità della fede”. Mi sembra che in queste parole sia
riassunta la missione di un’Università che si pone come fine la formazione
non solo professionale, ma anche umana della persona all’insegna di un
progresso culturale in cui siano coniugati sviluppo scientifico e rispetto dei
valori del Cristianesimo.
Troppo
spesso ragione e fede sono state percepite come appartenenti a sfere
contrastanti ed inconciliabili e ciò è stato causa di gravi fraintendimenti.
Il culto della pura razionalità, privata del conforto della fede, conduce a dar
credito solo a ciò che risulta spiegabile in base ai criteri delle scienze
esatte. Se quest’ultime sono in grado di svelare il funzionamento del mondo
– quelle che potremmo chiamare le leggi di natura –, esse trovano il loro
limite nell’incapacità di comprenderne la ragion d’essere. Viceversa, una
fede privata della consapevolezza che proviene dalla ragione risulta ingenua,
convenzionale e rischia di cadere nelle trappole dell’oscurantismo paventato
dagli Illuministi. Insomma, nell’un caso assistiamo ad una menomazione della
conoscenza umana, nell’altro addirittura ad una riduzione di quello che forse
è il dono più grande che Dio ha fatto all’uomo, la libertà di scegliere.
Eppure
è la stessa tradizione patristica a segnalarci la complementarità di queste
due vie di conoscenza. Prendiamo ad esempio le parole di S. Agostino: “credo
ut intellegam, intellego ut credam”, cioè “credo per comprendere,
comprendo per credere”. La fede non esclude, anzi comprende e supera la
ragione: quest’ultima può e deve condurci fino ad un certo punto della
conoscenza, ma, raggiunti i limiti della sua finitezza, cede il passo alla fede.
Per usare un’incisiva immagine di S. Agostino, quando nel mare della vita non
valgono più i remi dei nostri ragionamenti, l’unico modo per raggiungere la
nostra patria celeste è aggrapparci al legno della croce.
Credo
che sia proprio questo l’insegnamento che gli studenti della Cattolica
dovrebbero portare con sé e trasmettere alle persone che hanno intorno: essere
audaci nel pensiero per essere davvero liberi nella fede!
Tatiana Gammacurta
Attualità
Sono
ormai più di due mesi che, dopo tutto il cosiddetto “polverone” politico ed
etico sollevato intorno alla guerra in Afganistan, questa è passata in secondo
piano, anzi, se dobbiamo proprio essere pignoli, durante le prime due settimane
di marzo è addirittura stata dimenticata in nome di quel tormentone falso e
pacchiano chiamato “Festival”. Ma andiamo per gradi. Ero io la prima, subito
dopo l’attacco alle Torri Gemelle e la dichiarazione di guerra degli Stati
Uniti, a pensare che se ne parlasse troppo, perché sapevo che, parlarne troppo,
sarebbe equivalso a favorire il nemico. Mi spiego meglio. Dato per certo che il
nemico comune è questo fantomatico Osama Bin Laden, i media – giornali e
televisione - non hanno fatto altro che contribuire alla sua creazione ed
affermarne la superiorità, non hanno fatto altro, con tutte quelle interviste
ed immagini cruente e disastrose, che fare il suo gioco, che dimostrare che è
talmente abile e potente da essere riuscito a distruggere ciò che si pensava
fosse indistruttibile, ad attaccare un sistema, quello statunitense, che si
pensava fosse inattaccabile. Così, quando questo eccessivo interesse intorno al
nemico è andato smorzandosi ho creduto che, finalmente, i media, instupiditi
dal desiderio famelico di fare notizia, avessero ritrovato parte della loro
dignità. Ma mi sbagliavo. Per un certo periodo il tema guerra è stato
sacrificato per occuparsi della questione palestinese, e fin qui tutto bene. Ma,
con un’abilità innata degli stessi media nell’evitare che il pubblico ci
facesse eccessivamente caso, dal tutto si è passato al niente, o quasi. E
questo perché la guerra non fa più notizia, si sta prolungando all’infinito
senza quei tanto agognati colpi di scena che stuzzicano la fantasia dei media. E
questo perché Bin Laden, il nemico imprendibile, sembra svanito nel nulla e le
ipotesi e le indiscrezioni su di lui si sono esaurite. E questo perché i morti
in Afganistan sono troppo sconosciuti per fare notizia, è una guerra, ci sono
dei morti, ma questo per i media è scarsamente rilevante. Ed allora
l’attenzione si sposta da tutt’altra parte. Ed allora al posto del campo di
battaglia ci mostrano il palco dell’ Ariston. Ed allora le indiscrezioni non
riguardano più il nemico ma Baudo, la Arcuri e la Belvedere (povera Belvedere,
quante ne hanno dette!). E della guerra non si sa più nulla. Se sfogliamo un
giornale eccola là, in terza o quarta pagina, trenta righe buttate giù per
alleggerirsi la coscienza, per non dover dire “delle vere tragedie non ci
occupiamo”. Se guardiamo i telegiornali eccola là, il quinto o sesto servizio
a volte dopo cultura e spettacolo (se così si può definire la parentesi
sanremese). La verità è che, delle tragedie, quelle vere, non frega niente a
nessuno. Né ai media, né a noi dopotutto che, troppo spesso, vediamo solo
quello che vogliono farci vedere. E se questo qualcosa invece di farci venire i
brividi e inorridirci e farci chiedere “perché” e farci riflettere ci fa
solo divertire o ci lascia indifferenti o è semplicemente del malsano gossip,
non ci facciamo troppo caso. C’è l’umana giustificazione di credere che una
guerra lontana da noi, che non ci tocca personalmente può interessare fino ad
un certo punto. È una giustificazione umana, sì, ma non cristiana.
RAFFAELLA
FORMENTI
… e per finire …
Signore,
mio Dio,
eccomi
davanti a te:
io
sono tuo per l’eternità,
altro
desiderio non ho che quello di amarti.
La
sola grazia che ti chiedo
è
di amare te, mia vita;
di
non amare che te, di amarti per sempre,
e
di un amore che non sia troppo indegno di te.
Troppo
tardi ti ho amato,
bellezza
infinita, bene supremo.
Ora
comprendo che non c’è altra infelicità
se
non quella di non amarti.
Tu
sei il solo degno del mio cuore:
tutto
ciò che è al di fuori di te
è
nulla per me.
Io
sono totalmente tuo,
non
mi riservo nulla.
Tu
sei tutto per me
e
io sono eternamente per te.
O
mio unico amore,
mia
unica aspirazione.
(Sant’
Agostino, 354 - 430)